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Aumentano i prezzi dei beni industriali, diminuiscono le vendite al dettaglio

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Aumentano i prezzi dei beni industriali, diminuiscono le vendite al dettaglio

Secondo le rilevazioni ISTAT, nel mese di gennaio è stato riscontrato un aumento dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali e al contempo un calo delle vendite al dettaglio. Come si comportano le nostre multinazionali

L’aumento dei prezzi dei prodotti industriali è pari a oltre l’1% rispetto al mese precedente e a oltre il 5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

L’Istat ha considerato la differenza dei prezzi sia sul mercato interno che su quello estero e, per il mercato estero, ha fatto un’ulteriore suddivisione tra quello dell’area euro, che comprende i seguenti Paesi: Austria (AT), Belgio (BE), Cipro (CY), Estonia (EE), Finlandia (FI), Francia (FR), Germania (DE), Grecia (EL), Irlanda (IE), Lussemburgo (LU), Malta (MT), Paesi Bassi (NL), Portogallo (PT), Slovenia (SI), Slovacchia (SK), Spagna (ES); e quello dell’area non euro, che comprende i Paesi che fanno parte dell’Unione Europea ma che ancora non aderiscono all’euro: Bulgaria (BG), Danimarca (DK), Lettonia (LV), Lituania (LT), Polonia (PL), Regno Unito (UK), Repubblica ceca (CZ), Romania (RO), Svezia (SE), Ungheria (HU) e tutti i Paesi del Resto del mondo.

Per i beni di consumo l’indice registra, rispetto a dicembre 2010, aumenti dello 0,7% per il mercato interno e dello 0,4% per il mercato estero area euro, mentre per l’area non euro si rileva una diminuzione dello 0,5%; l’incremento rispetto a gennaio 2010 è del 2,2% per il mercato interno, dell’1,1% per il mercato estero area euro e dell’1,2% per l’area non euro.
L’indice del raggruppamento dei beni strumentali aumenta, rispetto al mese precedente, dello 0,6% per il mercato interno, dello 0,2% per il mercato estero area euro e dello 0,3% per l’area non euro. Rispetto a gennaio 2010 l’aumento è dell’1,5% per l’indice del mercato interno, dell’1,5% per quello del mercato estero area euro e dell’1,4% per l’area non euro.
Per i beni intermedi la crescita rispetto a dicembre è dell’1,2% per il mercato interno, dell’1,5% per il mercato estero area euro e dell’1,4% per l’area non euro. La variazione tendenziale è pari al 6,8% per il mercato interno, al 7,3% per il mercato estero area euro e al 6,3% per l’area non euro.
L’incremento sempre rispetto al mese precedente per l’energia è dell’1,9% per il mercato interno, del 2,2% per il mercato estero area euro e del 3,2% per l’area non euro; particolarmente marcati risultano gli aumenti tendenziali, pari al 9,7% per il mercato interno, al 30,4% per il mercato estero area euro e al 32,0% per l’area non euro.
I più elevati tassi di crescita dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali venduti sul mercato interno riguardano i settori della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+16,5%) e la metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo esclusi macchine e impianti (+10%).
Per quel che riguarda il mercato estero, sia per l’area euro che per l’area non euro i maggiori incrementi si registrano nel settore della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+30,4% per l’area euro e +32% per l’area non euro) e nel settore della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi macchine e impianti) (+11,5% per l’area euro e +10,5% per l’area non euro).

 

Le multinazionali italiane

Ci sono comunque alcuni segnali di ripresa per quanto riguarda le multinazionali industriali che lavorano all’estero, che nel 2008 erano 21 mila e impiegavano 1,5 milioni di persone. Oggigiorno, con i vari progetti di internazionalizzazione, le imprese che fanno affari con l’estero sono ulteriormente aumentate e continueranno ad aumentare dal momento che oltre il 30% degli imprenditori, intervistati, ha dichiarato di volersi espandere in altri Paesi.
Il fatturato realizzato dalle multinazionali industriali italiane è di 386 miliardi di euro. Tra tali multinazionali, va riscontrato il fatto che 6500 imprese appartengono al settore manifatturiero, con un grado di internazionalizzazione 4 volte superiore al resto delle imprese dei vari settori.
I settori industriali più sviluppati verso l’estero sono quelli dell’estrazione di minerali, della fabbricazioni di articoli in gomma e plastica e dei mezzi di trasporto.
Molto “quotato” all’estero è anche il settore dei servizi finanziari.
Le nostre multinazionali industriali svolgono le loro maggiori attività nei seguenti Paesi: in Romania (116 mila addetti), Brasile (75 mila) e Cina (66 mila), mentre i servizi si concentrano negli Stati Uniti (106 mila addetti) e in Germania (66 mila).
Il motivo per il quale esse si localizzano in questi Paesi è per il grosso vantaggio offerto dall’accesso a un nuovo mercato. Infatti quasi il 40% del fatturato è dovuto alle vendite in tali mercati. Non solo: le imprese in questo modo hanno un vantaggio anche relativo al minor costo del lavoro e al minor costo per la distribuzione e per la logistica.
Secondo l’Istat, “i gruppi multinazionali industriali segnalano, tra i principali benefici connessi con la presenza di controllate estere, l’accesso a nuovi mercati e la disponibilità di servizi in loco per i clienti (77,3%), la logistica e la distribuzione (53,1%) ed il costo del lavoro (42%) (Figura 7). L’accesso a nuovi mercati e la disponibilità di servizi in loco per i clienti rappresenta il principale beneficio derivante dalla presenza diretta nei paesi esteri anche per le multinazionali italiane attive nei servizi (64,9%)”.

Le vendite al dettaglio

Per quanto concerne invece le vendite dei prodotti sul mercato diretto ai consumatori, l’indice rilevato a gennaio diminuisce dello 0,3% rispetto al mese precedente e in particolare i prodotti alimentari scendono di mezzo punto, ovvero leggermente di più rispetto ai prodotti non alimentari. Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente invece il calo è più consistente, pari all’1,2%.
Sono soprattutto le vendite della grande distribuzione a registrare i cali più alti, e in particolare le imprese che operano su piccole superfici. Gli ipermercati che vendono alimentari sono quelli che hanno registrato le minori vendite (-2,7%).
Le vendite dei prodotti non alimentari subiscono tutte un calo ad eccezione del gruppo delle calzature e degli articoli in cuoio e da viaggio che rimangono stabili.

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