Aziende familiari controllate da Holding
Una ricerca dell’università Bocconi di Milano in collaborazione con Ernst & Young afferma che le aziende familiari controllate da un gruppo semplice hanno una maggiore redditività
Negli ultimi 10 anni la quota di imprese a conduzione familiare con un fatturato di almeno 50 milioni di euro (quelle medie e grandi) controllate da una holding sono aumentate di numero (+32% e +38%) in considerazione che la redditività è superiore e la capacità di rimborso dei debiti più alta.
I dati indicano che il ROE delle controllate è del 5,4% e quello delle non controllate del 4,5%, la redditività è più alta, ma l’aumento del fatturato di anno in anno cresce a ritmi più lenti. Lo ha rilevato la ricerca dal titolo “Le holding dei gruppi italiani a controllo familiare”, Guido Corbetta, Alessandro Zattoni e Fabio Quarato della Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari della Bocconi in collaborazione con Ernst & Young. La ricerca ha analizzato tutte le aziende familiari italiane con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, utilizzando il database dell’Osservatorio AUB.
Il rapporto ha evidenziato che ad avere i migliori risultati sono le strutture più semplici, quelle con una catena corta, in cui la holding controlla direttamente la capogruppo industriale. Tra queste poi hanno risultati ancora migliori quelle in cui la holding non interviene più di tanto nella gestione delle attività delle sottoposte, in modo da non avere costi e duplicazione di strutture. Per questa ragione viene preferita, nel 74,3% dei casi, la catena di controllo a un solo livello. Nel 22,5% la catena invece è a due livelli, mentre solo il 3,2% delle volte è a 3 o più livelli.
Le holding ad attività più ridotta sono quelle patrimoniali, che si limitano ad acquistare e vendere partecipazioni, e che spesso non hanno dipendenti. Questo tipo di holding sono al vertice del gruppo nell’82,8% dei casi. Le holding finanziarie (17,2%) hanno invece strutture proprie e condizionano l’attività di investimento e finanziamento delle proprio controllate offrendo in cambio alcuni servizi. Possono esserci anche delle holding di partecipazione (che si limitano a detenere una quota di partecipazione finanziaria) che si trovano al di sotto delle holding di vertice, allungando leggermente la catena.
Le holding industriali, infine, sono capogruppo che svolgono attività imprenditoriale e di indirizzo nei confronti delle società del proprio gruppo, con strutture accentrate di pianificazione strategica e di controllo.
Solitamente le holding che si trovano al vertice di un gruppo sono SpA (41,9%), seguite da srl (34,2%). Solo nel 5,9% dei casi si tratta di società di persone e nel 4,7% dei casi di società in accomandita per azioni.
Un approfondimento della ricerca sui 49 gruppi industriali più grandi (con fatturato di oltre 1miliardo di euro) ha evidenziato che tra il 2006 e il 2010 i dipendenti delle loro holding di vertice sono stati ridotti passando da 114 a 48 e, contemporaneamente, i ricavi si sono abbassati passando da 40,9milioni di euro a 15,8.
Secondo Zattoni, uno degli autori dello studio, “la ricerca conferma che la funzione principale delle holding rimane quella di controllo. Non servono a favorire l’ingresso in nuovi business, dato che nel 57% dei casi i gruppi sono addirittura monobusiness. Sono proprio le holding a vedere più spesso un familiare nel ruolo di vertice, in circa i tre quarti dei casi. Questo leader è spesso anche il leader della società caposettore. Il controllo si esplica, soprattutto, attraverso la presenza nel consiglio di amministrazione. Basti pensare che nel 60% dei casi almeno un terzo del CdA della caposettore è rappresentato da consiglieri della holding e nel 39% dei casi lo è più di metà del CdA”.
“Non necessariamente la struttura complessa” aggiunge Paolo Zocchi, partner Ernst & Young e Family Business Center of Excellence Leader per ltalia, Spagna e Portogallo, “è sinonimo di prestazioni migliori in particolare per i gruppi di medie dimensioni. La ricerca mostra i come in molti casi strutture di gruppi semplici possano generare performance (sia in termini di crescita dei ricavi che di redditività) più elevate forse perché più flessibili e reattive e quindi più veloci nell’adeguarsi alle mutevoli condizioni di mercato. Solo nella misurazione delle performance legate all’indebitamento i gruppi articolati e/o complessi sono in grado di raggiungere risultati superiori alla media sfruttando al meglio tutte le sinergie della propria organizzazione”.