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Mediazione civile, l’accordo è servito

Luigi Federico Brancia - Mediazione Civile

Mediazione civile, l’accordo è servito

La risoluzione alternativa delle controversie, obbligatoria per diverse materie,  è lo strumento scelto dal legislatore per sfoltire il numero delle cause in tribunale e facilitare la vita al cittadino. Il mediatore civile è il protagonista, discusso e osannato, di questo cambiamento: i dettagli di una professione nuova, ma non troppo

Una stretta di mano, sorrisi sulle labbra e reciproca soddisfazione. Sarebbe questo l’epilogo ideale di una lite tra parti in causa; peccato che la realtà sia spesso differente, caratterizzata da lunghi anni di attesa,  rinvii  di udienze,  documenti e testimoni da presentare. Il  tutto per arrivare alla tanto sospirata conclusione, peraltro dall’esito incerto e dalla durata mai prevedibile.

Per porre rimedio a questo stato di cose è stato potenziato e allargato il campo di applicazione della risoluzione alternativa delle controversie attraverso la mediazione civile, un istituto rispolverato e attualizzato grazie a una direttiva europea e alla conseguente legge di recepimento, infine  istituzionalizzato e reso obbligatorio per un discreto numero di controversie. Per fare qualche esempio, quelle relative a diritti reali, successioni ereditarie, locazioni, contratti assicurativi, bancari e finanziari, liti condominiali, risarcimenti di vario tipo, quali quelli per responsabilità medica, per danni dovuti alla circolazione di veicoli e natanti, per diffamazione a mezzo stampa.

 

Luigi Federico Brancia,
dottore commercialista,
vice presidente di Assomediazione

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L’obiettivo del legislatore è stato quello di rispondere alla domanda di giustizia dei cittadini e alla necessità di snellire il carico eccessivo dei tribunali. L’istituto non è nuovo, il servizio di conciliazione è attivo da anni presso le Camere di Commercio; sono innovativi, invece,  il raggio di azione,  l’obbligatorietà per molte  materie di notevole interesse per i cittadini e, soprattutto,  la figura professionale del mediatore, che deve  essere laureato – è sufficiente la laurea triennale in qualsiasi indirizzo – oppure deve essere iscritto a un ordine o collegio professionale. Condizione essenziale è che dimostri di aver frequentato con esito positivo l’apposito corso di formazione organizzato da un organismo accreditato presso il Ministero della Giustizia e – ancor più necessario – che svolga questa professione presso una struttura  riconosciuta dal dicastero stesso, dopo aver effettuato il tirocinio e i successivi corsi di aggiornamento.
“Questa riforma si può definire epocale e il nostro paese è stato tra i primi ad averla recepita” commenta Luigi Federico Brancia, dottore commercialista, vice presidente di Assomediazione, Associazione italiana degli organismi privati di mediazione e di formazione per la mediazione e amministratore unico dell’organismo di mediazione ed ente di formazione Adr Concordia Italia. “Il mediatore civile ha una posizione di terzietà, non è un giudice, non é un arbitro, e solo su precisa richiesta delle parti sottopone una proposta di risoluzione. Negli altri paesi europei questo istituto è particolarmente diffuso. ”

Il  valore economico della scarsa efficienza della giustizia nel nostro paese si può considerare pari all’1% del prodotto interno lordo, secondo studi  effettuati dalla Banca d’Italia; non meraviglia che i cittadini abbiano poca fiducia di vedere riconosciute le proprie ragioni e gli imprenditori stranieri facciano fatica a investire in Italia. I motivi principali di questa inefficienza si possono ricercare nella elevata litigiosità, che contribuisce ad ingolfare le sedi di giustizia, nella eccessiva quantità o cattiva qualità delle leggi e nella variabilità delle relative interpretazioni.

“La mediazione è veloce, dura al massimo quattro mesi e, fatto fondamentale, non pregiudica la possibilità di adire l’autorità giudiziaria, perché le parti possono decidere in qualunque momento di interrompere il procedimento di mediazione” ha sottolineato Luigi Federico Brancia. “E’ pur vero che, quando la controparte decide di partecipare alla mediazione, nella maggior parte dei casi si perviene ad un accordo”. 
Diverso il discorso qualora la parte convenuta non si presenti all’incontro di mediazione, perché in quel caso si vede costretta a pagare il doppio del contributo, oppure può essere condannata dal giudice a pagare le spese di giudizio. In ogni caso i costi della mediazione vengono fissati dal Ministero della Giustizia sulla base del valore della controversia e consistono in diritti fissi di segreteria e indennità previste dalla legge ed è escluso il pagamento di tasse giudiziarie e imposte di bollo.
La mediazione ha sollevato dubbi di legittimità e sollecitato ricorsi presso vari organi giurisdizionali. Gli avvocati sono cauti, in molte occasioni critici. Ne spiega le ragioni l’avv. Fabio Florio, coordinatore della Commissione Mediazione del Consiglio nazionale forense:  “La nostra è in realtà una posizione di apertura, perché riteniamo che la mediazione sia valida. Pensiamo, però, che questo istituto debba essere disciplinato in modo diverso e a tale scopo chiediamo l’istituzione di un tavolo di concertazione con altri soggetti , quali i notai e le camere di commercio, con le parti sociali e, soprattutto, con il ministero della Giustizia, per poter valutare e meglio definire gli aspetti formativi e l’obbligatorietà della mediazione, che dovrebbe essere eliminata, per poter riportare l’istituto alla sua originaria funzione. La preoccupazione è che, allo stato attuale, le parti non vogliano aderire alla mediazione e che l’effetto deflattivo desiderato non si riesca ad ottenere. A parte queste considerazioni, la presenza degli avvocati durante l’incontro di mediazione non era stata inizialmente prevista dalla legge, solo in seguito sono stati emanati  regolamenti in merito. Il nostro compito è fare in modo che questo istituto funzioni nel modo più adeguato e che le parti siano garantite al massimo; anche per tale motivo abbiamo istituito organismi di conciliazione forense presso ciascun palazzo di giustizia: si parla di oltre 115 unità, su 800 organismi presenti sul territorio nazionale”.
L’avere esteso la possibilità di diventare mediatori a coloro che esercitano professioni di vario tipo, ha avuto lo scopo di mettere a disposizione delle parti i massimi esperti nelle materie del contendere, con la supervisione dell’organismo di mediazione –  ordine o collegio professionale, Camera di Commercio o ente privato – e  la vigilanza del ministero della Giustizia. Una professione con discrete potenzialità di sviluppo, che potrebbe in parte costituire la risposta a una domanda di lavoro sempre più pressante. Per ora ci si deve limitare ad esercitarla contemporaneamente  a quella principale di avvocato, di commercialista (le più diffuse tra i mediatori), oppure di infermiera, di giornalista, di architetto, di esperta  in beni culturali, per fare solo qualche esempio.  Nel futuro potrebbe non essere più necessario: basti pensare all’enorme quantità di controversie in materia assicurativa, alle liti condominiali e alle richieste di risarcimento per incidenti automobilistici.

“La formazione  si svolge in 54 ore di lezioni teoriche, prove pratiche e simulazioni, con esercitazioni nelle tecniche di comunicazione e di relazioni interpersonali.  I corsi di aggiornamento periodici consistono in 18 ore di lezioni pratiche e di approfondimento. Il mediatore, qualora l’organismo lo ritenga opportuno, può essere affiancato da un collega più esperto nel corso degli incontri di mediazione ed è sempre possibile nominare un consulente tecnico accreditato presso il tribunale” conclude Luigi Federico Brancia.
Daniela Delli Noci

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