Ambiente

Mediterraneo: un nuovo modello di sviluppo

legambiente-alleanza-mediterraneo

legambiente-alleanza-mediterraneoMediterranean Environmental Alliance: a Palermo un’alleanza per uscire dalle crisi economiche ed ambientali

 

Legambiente con il patrocinio del comune di Palermo, in collaborazione con le ONG ambientaliste di Tunisia, Malta, Marocco, Grecia, Spagna, Francia e Corsica, con le quali ha costituito la Mediterranean Environmental Alliance, sta lavorando alla costruzione di un nuovo modello di sviluppo realmente sostenibile per l’intero bacino. Un modello da proporre ai Paesi che vi si affacciano e che potranno trovarvi l’unica via d’uscita credibile alle crisi economiche e ambientali che li affliggono. Azioni e politiche comuni per un’economia del Mediterraneo a basse emissioni di carbonio, non solo per combattere in maniera concreta i cambiamenti climatici, ma anche per creare nuove opportunità economiche dal punto di vista dell’occupazione, dell’innovazione e dello sviluppo di tecnologie pulite, la crescita compatibile con il rispetto del territorio e della popolazione. Sono stati questi gli argomenti al centro del dibattito della nuova alleanza mediterranea promossa nel corso del convegno ‘Il Mediterraneo e i cambiamenti del clima’. Un appuntamento inserito nell’ambito del progetto ‘More and better Europe’, organizzato in collaborazione con Concord e cofinanziato dalla Commissione europea e dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.

“Il nostro obiettivo è di mettere al centro del dibattito europeo questi temi per promuovere una visione unica per il Mediterraneo, chiamato sempre più a un ruolo da protagonista in questa grande sfida” afferma Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente. “L’incontro arriva tra l’altro in un momento importante. Il 22 e 23 ottobre prossimo, infatti, l’UE fisserà i propri obiettivi al 2030 per il clima e l’energia, mentre per il prossimo anno alla Cop21 di Parigi si dovrà arrivare a un accordo internazionale sul clima. È evidente come l’Europa debba necessariamente avviare piani d’intervento importanti per l’area del Mediterraneo, in stretta collaborazione con il fronte sud ed est. Per fare questo però dall’Europa ci aspettiamo innanzitutto un approccio coerente e ambizioso, che richiede obiettivi legalmente vincolanti sia per la riduzione delle emissioni di gas serra, che per le rinnovabili e l’efficienza energetica. Solo così si potrà garantire una reale transizione verso un sistema energetico a zero emissioni di carbonio”.

Appena il mese scorso, i dati diffusi dall’Onu ci hanno detto che nel 2013 si è registrato un nuovo record di gas a effetto serra nell’atmosfera, mentre diminuisce rapidamente la capacità della terra e degli oceani di assorbirli. Per Legambiente è quindi indispensabile una trasformazione del sistema energetico con una significativa riduzione dell’uso di energia e una forte espansione delle fonti rinnovabili. Buone pratiche che in parte già esistono: dall’esplosione delle rinnovabili, dall’efficienza energetica come fattore di competizione internazionale, da nuovi brevetti e produzioni che parlano concretamente di un’economia low carbon, dall’espansione di stili di vita e di mobilità a basso impatto energetico e la diffusione di una domanda di innovazione tecnologica per ridurre le emissioni di CO2.
 
“La nostra visione è quella di un Mediterraneo unito per affrontare il grande cambiamento che riguarda il modello energetico” aggiunge Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. “Con più urgenza, inoltre, c’è la necessità di preparare i territori e le comunità ai cambiamenti del clima, con tutti i rischi che una prospettiva di aumento della temperatura del pianeta avrebbe in particolare sulle città e i milioni di cittadini che si affacciano sul mediterraneo. Una politica dell’adattamento diventa sempre più immediata, ad esempio, per i circa 6 milioni di profughi ambientali che ogni anno sono costretti ad abbandonare le proprie case e i luoghi dove sono nati e cresciuti a causa di eventi come uragani, tsunami, terremoti o alluvioni. Un fenomeno, quest’ultimo, che per il 2050, secondo le stime dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), potrebbe riguardare 200/250 milioni di persone. Uomini e donne invisibili” conclude Zanchini “privi di tutele giuridiche, che vivono un dramma di cui si parla troppo poco e per cui non si fa quasi nulla per contrastarlo. Anche per questo il clima è una chiave per parlare di solidarietà tra popoli e di risposte all’emergenza umanitaria e di immigrazione”. 

N.R.

Potrebbe interessarti