Ambiente

Prevenire lo spreco di cibo

5-giugno

In attesa della Giornata Mondiale dell’Ambiente, il 5 giugno, nei prossimi giorni ci sarà la Giornata Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, il 5 febbraio. Perché lo spreco provoca gravi danni ambientali

di Daniela Molina

La strategia nazionale avviata lo scorso anno dal Ministero dell’Ambiente si basa non solo sul recupero di un bene diventato rifiuto ma sulla prevenzione dello spreco, e in particolare del cibo. La si potrebbe definire un’azione che appartiene all’ambito del cosiddetto efficientamento, ovvero l’impiego efficiente delle risorse dal momento che – non vi sono dubbi – il cibo, insieme con l’acqua, è una risorsa fondamentale per la sopravvivenza umana e non solo sul nostro Pianeta.

Non sprecare dunque: evitare che il cibo finisca nella spazzatura. Come? Il Ministero dell’Ambiente ci indica alcuni metodi grazie al PINPAS, il Piano Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, predisposto dal Gruppo di lavoro coordinato da Andrea Segrè, docente all’Università di Bologna e promotore della campagna europea “Un anno contro lo spreco”. Del gruppo hanno fatto parte diverse personalità del mondo della scienza e della cultura che si sono volute impegnare su questo fronte: dalla scrittrice Susanna Tamaro allo scienziato Vincenzo Balzani, dalla regista Maite Carpio (tra l’altro fondatrice della Onlus Agenda Sant’Egidio) all’attore e scrittore Giobbe Covatta. Da questo gruppo è scaturita una Consulta composta da enti, associazioni, organizzazioni e imprese che elaborano proposte e buone pratiche per ridurre gli sprechi di cibo e la produzione di rifiuti. Della consulta – spiega il Ministero – fanno parte tutti gli attori della filiera agroalimentare, le catene della grande distribuzione organizzata, associazioni dei consumatori, istituzioni, organizzazioni internazionali, università ed enti di ricerca pubblici e privati, associazioni ambientaliste, rappresentanti del terzo settore ed enti di assistenza.
Il Pinpas prevede 10 misure prioritarie da attivare immediatamente (le potete leggere nel relativo allegato in calce all’articolo) e una serie di iniziative tra le quali rientra proprio la proclamazione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare in Italia, il 5 febbraio 2015.

I dati divulgati nel 2014 sono quelli relativi a un’inchiesta di Waste Watcher, l’Osservatorio nazionale sugli sprechi; secondo tali dati, il 52% degli italiani intervistati sostiene che lo spreco di cibo incide solo ‘in misura marginale’ sulla qualità dell’ambiente e il 5% che incide ‘in una qualche misura’. Solo il 43% degli italiani giudica che ci sia una connessione ‘elevata’ fra spreco alimentare e ambiente. Questo vuol dire che 6 italiani su 10 non mettono in relazione ai danni ambientali lo spreco di cibo.
E invece i danni ambientali ci sono eccome: il cibo sprecato brucia letteralmente risorse economiche ed ecologiche, consumando percentuali di Pil, ettari di suolo, metri cubi di acqua, tonnellate equivalenti di anidride carbonica.

Proprio in occasione della presentazione del Pinpas, il Ministro aveva dichiarato: “dobbiamo passare dalla logica perversa dello spreco alla cultura del riutilizzo, partendo dall’educazione ambientale nelle scuole e da regole chiare per tutti i cittadini. Il Semestre Europeo e l’Expo 2015 saranno due occasioni fondamentali per dimostrare l’impegno del governo su un tema decisivo per la tutela dell’Ambiente e per lo sviluppo del Paese”. E il coordinatore Pinpas, Andrea Segrè, aveva aggiunto: “c’è un intervento davvero urgente ed è la richiesta di introduzione dell’educazione alimentare e ambientale come materie obbligatorie di insegnamento scolastico. Un intervento da unire a quello che il Governo prevede a favore dell’edilizia scolastica, per legare il contenuto al contenitore”.
Basandosi sui dati dell’inchiesta (“l’81% del campione di italiani intervistato testa la qualità degli alimenti anche dopo la scadenza, ma è molto confuso sulla sicurezza alimentare. Il 93% riconosce che lo spreco alimentare può essere ridotto più attraverso un’azione culturale che mediante l’introduzione di regole e leggi ed il 77% è convinto che l’intervento più efficace passi, appunto, per l’educazione scolastica), Segrè aveva detto: “emerge che i giovani (18-24) sono davvero poco attenti e sensibili alle questioni legate allo spreco alimentare e ambientale, sono sempre meno interessati al cibo. Da qui, dunque, bisogna ripartire, a un anno esatto dal primo forte richiamo del Papa sullo spreco alimentare. Nel 2015, anno dell’Expo, vogliamo che nelle scuole di ogni ordine e grado si insegni a dare valore al cibo”.
Non ci risulta che l’educazione alimentare ed ambientale sia stata ancora introdotta come materia di studio nelle scuole anche se alcuni singoli insegnanti, particolarmente sensibili al problema, hanno avviato alcuni progetti “in proprio”.

Anche dal punto di vista prettamente economico, gli sprechi di cibo rappresentano un danno. Complessivamente, nella filiera a monte che include la produzione agricola e industriale e la catena della distribuzione, si buttano in Italia ben 3.554.969.445 di euro all’anno (è il valore del cibo sprecato), dei quali 704.865.492 per il settore agricolo, 1.266.591.807 nel comparto industriale ed 1.583.512.147 nella catena distributiva.

Il 5 febbraio – o per lo meno il 5 giugno – dal momento che il Pinpas prevede sessioni periodiche di verifica dei risultati raggiunti, si dovrebbero avere maggiori informazioni su questo tema e sull’andamento delle iniziative avviate.
Nel frattempo ACLI e Fondazione Cariparo hanno presentato i risultati del progetto Rete Solida, “esperienze reali che favoriscono forme di riuso e recupero, contro gli sprechi e all’insegna della solidarietà”. Un progetto che intende anche sensibilizzare cittadini e famiglie, più “sprecone” della grande distribuzione.

Questo progetto prevede la dimostrazione di esperienze reali di economia solidale per trasformare le inefficienze in risorse sociali. Anche gli ideatori di questa iniziativa si rifanno ai dati diffusi da Last Minute Market (la società di ricerca dell’Università di Bologna incaricata di tenere l’Osservatorio sopra citato) i quali registrano che “mediamente in un anno quasi il 3% della produzione agricola rimane in campo, ossia l’equivalente di circa 1,2 milioni di tonnellate di prodotto agricolo, mentre nell’industria agroalimentare lo spreco ammonta al 2,6%, per un totale di circa 2 milioni di tonnellate di prodotti alimentari. Situazione critica anche per la grande distribuzione, se si pensa che nei centri agroalimentari all’ingrosso ogni anno una percentuale che varia dall’1 all’1,2% viene gestita come rifiuto (circa 118.317 tonnellate), mentre il canale distributivo perde circa 270.776 tonnellate”.

Rete Solida, progetto avviato nel 2012, promosso dalle ACLI di Padova e Rovigo e sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con la partecipazione del Comune di Padova, delle Province di Padova e di Rovigo, della Prefettura di Padova, della Caritas diocesana di Padova e di altri enti pubblici e del privato sociale, consiste nella “costruzione di una rete territoriale di economia solidale, finalizzata a diffondere azioni per il recupero di beni, alimentari e non solo, provenienti dal circuito produttivo e commerciale – mense scolastiche, grande distribuzione, organizzazioni di produttori” e mira al sostegno delle fasce più deboli grazie al supporto delle realtà senza scopo di lucro locali.

I promotori del progetto hanno fatto in questi giorni un primo bilancio degli obiettivi raggiunti dal progetto, in termini di prodotti raccolti e recuperati, risparmio economico, coinvolgimento di enti, aziende e associazioni, nonché di beneficiari finali.
Vediamolo insieme: il recupero dei pasti cotti e non consumati di alcune mense scolastiche di Padova e provincia è stato particolarmente significativo, visto che nel solo 2014 sono state raccolte oltre 10 tonnellate di cibo (mediamente 40 pasti al giorno) per un valore di circa 30mila euro.
Sul fronte della grande distribuzione e della produzione agricola ci segnalano che nel 2014 i 12 punti vendita e le numerose cooperative di produttori agricoli coinvolte hanno ridistribuito – tra prodotti invenduti, merce in scadenza ed eccedenze – 156.538 chili di beni per un valore di circa 331mila euro. Per quanto riguarda i prodotti non alimentari recuperati (cosmesi, detersivi, ecc.) si stima invece un valore di circa 20mila euro.

Diffusi anche i primi dati relativi al 2015 che vedono in crescita i punti vendita coinvolti nella raccolta, che nel 2015 potranno raggiungere complessivamente, tra Padova e provincia, un totale di 25. Mentre le previsioni attendibili di recupero parlano di 516.236 chili di beni alimentari per un valore di 892mila euro.

Beneficiari degli interventi di Rete Solida sono le categorie più deboli: dalle famiglie a basso reddito alle mamme sole in difficoltà, dalle persone senza fissa dimora ai minori stranieri non accompagnati, dai disabili agli ex detenuti e in generale a tutti i destinatari di quelle realtà non profit del territorio che operano in aiuto dei più fragili: associazioni, cooperative, comunità di accoglienza, parrocchie. Si calcola che nel 2014 le persone raggiunte dal progetto siano state più di 15.000.
Uno dei tanti esempi di buone pratiche che si sono attuate in Italia in questo periodo.

pdf Scarica il Piano Nazionale di Prevenzione degli sprechi alimentari!

Potrebbe interessarti