L'Avvocato risponde

Cos’è il baratto amministrativo

monteleone

Si è parlato e si parla un gran bene del cosiddetto Baratto Amministrativo, che – in parole povere – sarebbe quel meccanismo legislativo in base al quale si potrebbe prestare la propria attività lavorativa – in favore della Pubblica Amministrazione – in cambio di sconti e riduzione di tasse, tributi e multe

A cura dell’Avv. Domenico Monteleone, patrocinante in Cassazione

Sarebbe un meccanismo nuovo concepito e predisposto al fine di risolvere una doppia esigenza: quella della Pubblica Amministrazione di mantenere e curare spazi ed ambiti di interesse collettivo e quella dei soggetti che hanno difficoltà economiche a fare fronte alle proprie obbligazioni tributarie. Vediamo di cosa si tratta effettivamente, come si sviluppa e quali sono gli effetti pratici.

Iniziamo, naturalmente, con la Norma che lo disciplina ossia l’Art. 24 della Legge 133 dell’anno 2014 che è rubricata “Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio”.
Questa Norma – la cui ultima formulazione è dovuta alle modifiche apportate con la Legge 164 del 2014 – dispone esattamente che “I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano. In relazione alla tipologia dei predetti interventi, i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L’esenzione e’ concessa per un periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell’esercizio sussidiario dell’attività posta in essere. Tali riduzioni sono concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute.”.
Se questa è la Norma, vediamo quali sono i cardini da cui muovere per una approfondita ed esaustiva analisi.

Finalità e ambito 
Intanto, la rubrica – ovvero il titolo di questo Articolo – ci indica chiaramente che la finalità della Norma è quella di agevolare la partecipazione della Comunità Locale in un ambito specifico cioè quello della tutela e valorizzazione del Territorio.
Insomma, si mira – nelle intenzioni dichiarate – a far partecipare la Collettività nella tutela e nella valorizzazione del Territorio.
Certo, avremmo preferito la partecipazione della Collettività in ben altri ambiti ma – pur tuttavia – potrebbe essere un primo passo verso un nuovo modo di intendere la Cosa Pubblica.
Potrebbe, insomma, essere un buon inizio e, comunque, andiamo oltre e vediamo di cosa si tratta.

Enti pubblici: Comuni 
I Soggetti Pubblici che possono applicare questa Normativa sono solo i Comuni, così come dispone precisamente l’Art. 24 citato: “I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni”.
Non vi è dubbio, dunque, che si tratti di Norma che può essere applicata solo dai Comuni.
Questo dato, ovviamente, restringe il campo di applicazione e lo restringe nel senso di limitare – oltre agli interventi attuabili – i Tributi che possono essere oggetto della previsione normativa in esame.
In sostanza, il fatto che siano solo i Comuni i Soggetti Pubblici interessati limita, evidentemente, la sfera di applicazione solo e soltanto ai Tributi Comunali e non ad altri di competenza degli altri Enti Pubblici Territoriali.

Tributi 
Un altro elemento deve saltare agli occhi ovvero quello per cui la Legge richiamata parla solamente di Tributi e questo dato porta una precisa conseguenza.
Nonostante quel che si legge sui mass media, si può dire tranquillamente che è escluso da tale Disposizione Normativa tutto ciò che tributo non è e, così, sono escluse le Multe (ad esempio quelle per violazione del Codice della Strada) o le Sanzioni comminate dai Comuni (come quelle, per fare un altro esempio, per Abusi Edilizi).
La Legge – secondo il suo obiettivo dato letterale – è, dunque, relativa solo e soltanto ai Tributi e su questo non pare possibile alcun fraintendimento di sorta e ciò nonostante i troppi proclami dei politici e dei politicanti locali nonché i tanti annunci letti e riletti sui giornali e sugli organi di informazione tout court.
Tale dato è sicuramente confermato dalla successiva locuzione secondo cui le riduzioni e/o le esenzioni attribuibili ai soggetti che ne avranno acquisito il diritto sono relative ai “tributi inerenti al tipo di attività posta in essere.”.
I Tributi che, conseguentemente, paiono rientrare nella previsione normativa sono solo l’IMU e la TASI poiché – in caso contrario e ove si pretendesse di ricomprendere, ad esempio, le Multe per violazione del Codice della Strada – non si comprenderebbe e, melius, non avrebbe senso la “inerenza” di tale Sanzione al tipo di attività realizzata dagli Utenti.

Progettualità
Punto assolutamente fermo della Norma in esame è quello della necessaria esistenza di Progetti che devono essere presentati dagli Utenti interessati.
Pare di poter dire con sicurezza che tali Progetti devono inserirsi in un alveo, in un ambito, che deve essere predeterminato a monte dai Comuni ed, invero, vi si legge che essi devono essere “individuati in relazione al territorio da riqualificare” e tale elemento oggettivo non può che essere individuato ed indicato dal Comune.
La medesima Legge si spinge oltre e prescrive che gli Interventi “possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano.”.
Secondo quanto detto, dunque, occorrono Progetti da presentare in un ambito predeterminato ed in aree e zone già individuate, come già riferito, a monte.
Ciò naturalmente restringe il campo di applicazione anche se, evidentemente, rappresenta una necessaria specificazione poiché – in caso contrario ovvero nel caso in cui ciascuno fosse libero di determinare arbitrariamente le modalità ed il luogo dove operare – si potrebbe verificare il caso di interventi sganciati da un piano operativo generale del Comune ed, addirittura, ipoteticamente in contrasto con le ipotetiche linee guida dell’Amministrazione Locale e ciò non appare accettabile in un ottica complessiva.

Contropartita 
L’Utente che decide di impegnarsi secondo quanto previsto da questa Norma cosa ottiene in cambio? Qual’è, in parole povere, la Contropartita, il Corrispettivo, di questo Lavoro ipoteticamente svolto da un Cittadino?
La contropartita – secondo quanto dispone la medesima Norma – è la “riduzione” o la “esenzione” dei Tributi di cui alla Legge in analisi.
Si è molto parlato di una ipotetica possibilità – prevista da questa legge – di scontare o compensare Debiti pregressi verso l’Erario.
A nostro avviso bisogna stare molto attenti poiché – al contrario – il dato normativo è molto chiaro in direzione opposta ed, in sostanza, la Norma non riguarda che i Tributi Futuri e non i Debiti eventualmente già formatisi ed esistenti.
Tale attinenza ai soli Tributi Futuri è confermato da almeno due Elementi: a) il primo è che – dal punto di vista tecnico-giuridico – il termine “esenzione” (ma in quell’ambito anche il termine “riduzione”) è riferibile solo a qualche situazione giuridica che riguarda l’avvenire, che deve ancora verificarsi, che non è ancora esistente e ciò esclude, evidentemente, il Debito già sclerotizzato, già formato ed esistente; b) il secondo più lampante motivo è che – ove il Legislatore avesse voluto una tale estensione anche ai Debiti esistenti – avrebbe inserito e vi avremmo trovato una espressa indicazione e previsione che, nella attuale formulazione, non c’è.
La Legge dunque – a meno di interpretazioni ultranormative che, allo stato attuale, appaiono abbastanza forzate e fantasiose – non dispone che per i Tributi Futuri e non rappresenta in alcun modo una sorta di modalità per sanare pendenze e debiti verso l’Amministrazione Pubblica, il tutto con buona pace di coloro che si sono affrettati a strombazzare il contrario.

Soggetti beneficiari 
Un altro aspetto da vagliare attentamente è quello relativo agli Utenti che possono avvantaggiarsi di tale Norma.
Anche il questo caso, il tenore della Legge è molto più stringente di quanto non si dica e, così, i vantaggi possono essere concessi “prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute.”.
Ciò vuol dire – senza dubbio di sorta – che gli Utenti possibili fruitori di tali vantaggi sono “prioritariamente” le Associazioni e le altre Formazioni collettive stabili.
In realtà, la Norma lascia ai soggetti privati ed ai singoli uno spazio solamente residuale e ciò – se può confortare dal punto di vista ideologico e ipotetico – non appare concretamente apprezzabile in termini pratici e ciò in forza della semplice valutazione per cui è proprio la residualità a togliere gran parte del significato concreto a questa normativa.
Insomma, la Legge non ha effettivo riguardo – se non, si ripete, in via residuale – ai soggetti privati, ai singoli e ciò nonostante, anche qui, le pompose affermazioni che purtroppo si trovano copiose in ambito mediatico.

Come si è visto, abbiamo una Norma dall’ambito assai limitato e dal contenuto abbastanza stringente e privo di tanti di quei vantaggi – che sono stati pubblicizzati e propagati in maniera, per non dire altro, superficiale e leggero – non fosse altro per il fatto che i singoli Soggetti Privati sono esclusi da questa Normativa.
Questo, però, non è tutto poiché ci sono alcuni aspetti che vanno ulteriormente approfonditi e che ci daranno l’esatto senso e l’esatta portata (melius: l’esatta limitatezza) della Norma in esame.

Possiamo affrontare tali aspetti cercando di rispondere ad alcune domande. Eccole:
1) Nel caso in cui i singoli Privati riuscissero a trovare spazio, chi controllerà il Lavoro svolto?
Non pare dubbio che qualcuno – appartenente all’apparato del Comune – dovrà pur controllare l’operato di chi presta la propria attività, non è pensabile infatti che il medesimo lavoro sia svolto senza criterio e/o senza verifica e/o ispezione. Ebbene, chi effettuerà queste incombenze? Non sarà necessario un lavoro ulteriore dell’Amministrazione? E chi retribuirà questo lavoro supplementare? Non pare dubbio che questo aspetto crea, quanto meno, un peso economico sull’Amministrazione Pubblica;
2) Nel caso in cui si verificasse un infortunio del prestatore di lavoro a Baratto, cosa succederà, quali meccanismi verranno messi in atto per la gestione anche assicurativa di questa situazione? Sembra, insomma, che sarà necessario attivare una forma di previdenza assicurativa relativa agli infortuni sul lavoro o ad ambiti simili. Chi pagherà, allora, questo aspetto? E lo stesso ragionamento potrebbe porsi anche in riferimento alla Responsabilità Civile verso Terzi. E chi paga? Chi tiene indenne i Terzi per eventuali responsabilità del Lavoratore a Baratto. Chi paga? Non vorremmo fosse ancora il celeberrimo Pantalone;
3) Dal punto di vista censuario, bisogna capire se siamo difronte ad una Norma che vale per tutti, ovvero chi sono i beneficiari? Tutti? Ricchi e poveri? Crediamo di non scoprire l’acqua calda se diciamo che una tale Norma debba e può valere solo per le cosiddette fasce deboli. Insomma, non pare dubbio che essa debba valere solo per chi ha un reddito basso ed, infatti, nelle prime applicazioni concrete abbiamo visto che i Comuni hanno previsto un tetto di reddito. Tale tetto è stato determinato, ad esempio, nella somma di 8.500,00 annuale ovvero chi ha un reddito inferiore a tale limite ha diritto di accedere a tale meccanismo, al meccanismo previsto dal Baratto Amministrativo. C’è, però, un problema per così dire di politica sociale: non sarebbe normale esentare – a monte – un soggetto che versa in tale condizione di reddito? Ovvero un soggetto versa in tale condizione, che diremmo di povertà, non dovrebbe essere esonerato e non pagare tale balzello? Insomma, un povero dovrebbe vedersi esentato da tali Tributi piuttosto che prestare ulteriore lavoro. Si apre, così, anche il campo alla considerazione di ordine generale su come sia possibile pretendere anche questo quid in più da un soggetto che l’apparato pubblico non riesce nemmeno a far galleggiare sopra la soglia della povertà. Ecco, in questo paradosso sta tutta la contraddittorietà di questa Legge;
4) Quanto tempo è richiesto e cosa è richiesto, in termini di tempo, ad un ipotetico soggetto? Mettiamo, insomma, che un padre di famiglia – un operaio – lavori sei giorni la settimana per otto ore, dalle 9:00 alle 17:00, dal lunedì al sabato. Ebbene, quando potrà prestare la sua attività utile per il Baratto Amministrativo? La domenica? Sembra di poter trarre due considerazioni: la prima è appare francamente imbarazzante che uno Stato possa pretendere un tale surplus di lavoro da un povero ed inoltre b) si pone una domanda: chi sorveglierà la domenica? Un eventuale impiegato comunale – nel caso effettivo – pretenderebbe, giustamente, di vedersi retribuito questo lavoro come lavoro straordinario. Ed ecco un altro punto critico costituito da una ulteriore spesa per compare Pantalone;
5) Quale sarebbe la veste giuridica da attribuire a chi volesse sottoporsi a questo Baratto? In quale tipologia lavoristica andrebbe, cioè, inquadrato il soggetto agente? Il problema non è di poco momento poiché dalle modalità e dalla tipologia di inquadramento discende tutta una serie di conseguenze che – anche in forza della chiara evidenza – non appare congruo trattare in questa sede. Riteniamo che qui è sufficiente indicare la problematica.

Come si può vedere, abbiamo cercato di analizzare la Legge in maniera scientifica e senza inoltrarci – fino ad ora – in valutazioni, per così dire, macro-politiche.
Non vogliamo, comunque, esimerci dal proporre anche valutazioni di tale natura e – alla luce di tutto quanto si può evincere dalla lettera della Legge – vogliamo dire che il cosiddetto “Baratto Amministrativo” appare uno strumento di estrema pericolosità.
A nostro avviso, si tratta di un puro abbaglio, poiché l’idea di lavorare per ripagare i tributi comunali sembra essere la porta di ingresso per assoggettare ancor di più la classe debole che – oltre a non vedersi garantire servizi e benessere – si potrebbe vedere costretta a cedere anche pezzi della propria libertà alla Pubblica Amministrazione. Ed in cambio di cosa? Dell’esenzione da Tributi dalla quale dovrebbe essere esonerata de plano in forza della propria indigenza?
È chiaro che appare presto per il ragionamento che ci apprestiamo a fare ma crediamo che il compito di un osservatore sia, soprattutto, quello di anticipare il divenire e di individuare ciò che potrebbe accadere in prospettiva futura.
A noi, insomma, appare di una certa gravità che lo Stato – responsabile del Debito Pubblico – possa avanzare pretese di questo tipo verso una Categoria Sociale che non riesce, come detto, a galleggiare al di sopra della soglia di povertà.
Non si tralasci anche la considerazione per cui il Debito Pubblico appare una costruzione che non ha una effettiva rispondenza o corrispondenza nella realtà, ma di questo ci occuperemo in futuro in questa stessa Rubrica.
Sin da subito appare sufficiente riferire che il punto focale è che l’indebitamento pubblico avviene senza alcun corrispettivo: lo Stato s’indebita e basta, senza avere nulla in cambio, e tale Debito ricade sulla Collettività e, dunque, sul povero già richiamato Pantalone.
A noi pare che il Baratto Amministrativo significa spostare il problema verso un più invasivo coinvolgimento della persona – soprattutto di quella appartenente alle fasce deboli – un invasivo coinvolgimento in un soffocante viluppo.
Non solo, ma – in una visione complessiva – esso potrebbe finire e finirà per eliminare posti di lavoro che potrebbero essere e saranno coperti con il sistema del Baratto, con un evidente salto all’indietro dal punto di vista del progresso civile e sociale della Collettività nazionale.

Stiamo molto attenti, questo deve essere l’imperativo.
In questo senso, il Baratto Amministrativo rischia di essere – si badi bene – la porta di ingresso di questo processo di erosione della libertà personale dei cittadini, un processo che si è già nutrito delle famigerate tutele crescenti (melius: decrescenti) del cosiddetto Jobs Act, dei tagli alla Sanità, della riduzione dei Tribunali, delle aggressioni del Governo al patrimonio dei risparmiatori a vantaggio delle Banche, della riduzione degli spazi elettivi delle Province e del Senato, degli strappi (per non dire altro) alla nostra celebrata Carta Costituzionale, eccetera, eccetera, eccetera.
Ecco, tutto ciò ci obbliga a restare vigili, a restare vigili e valutare con attenzione doppia ogni cosa ed ogni norma soprattutto allorquando si propone con la improbabilità con la quale è stata posta questa Norma sul Baratto Amministrativo.
Sul quale non ci sentiamo di chiudere – così come siamo soliti – nemmeno con un accenno di battuta. Non ci sembra ci sia nulla da scherzare soprattutto quando la possibilità che siano colpiti soprattutto i deboli è molto alta. È molto reale.
Il toro va preso per le corna, centimetro su centimetro, palmo a palmo, soprattutto se l’aspirazione è quella di cambiare in meglio la nostra vita, la vita di tutti.

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