Studi e ricerche

La finanza che include: gli investimenti a impatto sociale

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Confronto e dibattito sulle nuove forme innovative di finanza a impatto sociale per disegnare il filo conduttore tra il Terzo Settore e le società di capitali

di Serena Selvarolo

Il Workshop “Finanza a impatto sociale” è stato organizzato da Confindustria lo scorso 5 aprile a Roma; un importante momento di confronto per comprendere l’importanza del fare innovazione a impatto sociale e di come possa diventare un percorso possibile e utile sia in termini economici sia sociali, appunto, per tutte le imprese.

Come riportato nel Rapporto Italiano della Social Impact Investment Task Force istituita in ambito G8, “l’impact investing ha l’obiettivo di generare, attraverso investimenti in iniziative di imprenditorialità sociale finalizzate alla risoluzione di un problema sociale o ambientale, risultati positivi che altrimenti non avrebbero luogo. L’intenzionalità di produrre impatto sociale è, dunque, l’elemento che caratterizza l’investitore sociale, che si attende un rendimento al di sotto o in linea con il mercato”.

Risulta però fondamentale affrontare in maniera innovativa un processo che cerca di modificare in modo forte il sistema sociale. Con questo assunto, Andrea Bairati, direttore Area Innovazione e Education Confindustria, ha aperto i lavori della giornata.

Mario Calderini, Docente di Social Innovation al Politecnico di Milano, ha posto subito l’accento sulla necessità di uscire dai luoghi comuni con i quali fino ad ora è stata considerata l’impresa sociale, tracciando i cardini del processo di trasformazione che si è innescato da un sistema di opportunità che vede organizzarsi attorno a quattro discontinuità:
• Arretramento delle pratiche di welfare
• Emergere di nuovi paradigmi economici
• Cambiamento dei modelli sociali
• Social venture

Ed è proprio la “social venture” il punto di partenza per ragionare sulla finanza a impatto sociale; quell’intuizione che capitali privati possano intenzionalmente creare impatto sociale positivo e al tempo stesso rendimenti economici. Diminuire il gap tra pubblico e finanziato è la parola d’ordine e, in tal senso, il terzo settore deve dotarsi degli assetti manageriali di governance ma anche il profit tradizionale deve trasformare le sue funzioni per cogliere le opportunità del nuovo mercato. Un nuovo modello misto quindi, il “Blanded Value”, in cui nascono nuovi ibridi organizzativi dotati di intenzionalità proattiva. Per fare questo gli strumenti a disposizione sono quelli anglosassoni del “Pay by Result” come il “social impact bond”, strumento finanziario finalizzato alla raccolta, da parte del settore pubblico, di finanziamenti privati.

Sul reale futuro per l’impresa sociale in Italia interviene Giovanna Melandri, Presidente Human Foundation e Coordinatrice Taskforce G8 Social Impact Investments, la quale sostiene: “nello scenario e nella proiezione dei modelli degli investimenti ad impatto sociale è fondamentale, secondo me, la reingegnerizzazione dei modelli di intervento della spesa pubblica e ciò assume una responsabilità peculiare e specifica per l’Italia”.
Un esempio concreto arriva dalla Francia, prosegue Melandri, con l’approvazione del “Contratto a impatto sociale”; un bando, aperto fino al 30 gennaio 2017, con lo scopo di selezionare progetti che prevedano Social Impact Bonds.
Il contratto ad impatto sociale potrà aiutare lo sviluppo di programmi innovativi di prevenzione sociale oppure proporre nuove risposte a urgenze come l’esclusione sociale, l’analfabetismo o per combattere le dipendenze.

Come viene presentato dal Governo francese, “il contratto a impatto sociale è un nuovo strumento che il Governo mette in campo per rispondere ai bisogni sociali come l’esclusione, l’analfabetismo o la dipendenza, con delle soluzioni innovative. Si tratta di offrire agli attori sociali un accesso sicuro e trasparente a degli investimenti privati per portare a risultato programmi sociali e innovativi.”

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L’Italia ha il dovere e la necessità di creare un suo strumento che, costruito nell’ottica dell’accompagnamento, si inserisca nelle politiche del Governo per lo sviluppo dell’economia sociale e solidale in un contesto giuridico chiaro e rassicurante. Gli attori sociali possono in questo modo accedere, in un quadro trasparente e sicuro, a investimenti privati per sperimentare nuovi modelli e sviluppare programmi sociali ambiziosi. Prima di fare ciò bisogna però superare il pregiudizio che la possibilità di distribuire utili modifichi l’essenza dell’impresa sociale.
Un passo importante sarà fatto il prossimo 24 maggio al lancio ufficiale della “Social Impact Agenda per l’Italia”, il network italiano degli investimenti ad impatto sociale che si pone i seguenti obiettivi:
• Monitorare le 40 raccomandazioni del rapporto italiano della Social Impact Investment;
• Diffondere le pratiche innovative;
• Partecipare al Global Social Impact Investment Steereing Group;
• Sperimentare;
• Contribuire al processo di decision making.

Letizia Moratti, Co-fondatrice della Fondazione San Patrignano, Presidente della Fondazione E4Impact – che contribuisce al raggiungimento dei Sustainable Development Goals 2030, favorendo la formazione di imprenditori di impatto e l’internazionalizzazione della società principalmente in Africa – afferma che le leggi presenti sul sociale sono obsolete e occorre con urgenza farne una nuova. Inoltre, d’accordo con Melandri, invita alla creazione di un “ecosistema pubblico privato per rendere giustizia a tutti questi bisogni emergenti senza soddisfare i quali non si può andare avanti nella nuova economia”.

Francesca Brunori, Responsabile Credito e Finanza Confindustria, ha fatto una dettagliata analisi del panorama sia degli strumenti che degli investitori già presenti sul territorio nazionale come Confidi, storici partner finanziari delle imprese minori e validi intermediari che riducono le asimmetrie informative tra le banche e le imprese; ma ci sono anche banche e fondazioni bancarie, compagnie di assicurazione e fondi pensione, tutti attori già esistenti cui potersi rivolgere anche se la regolamentazione da parte del legislatore nazionale risulta prioritaria per attivare i nuovi assetti.

Mauro Del Barba, Senatore PD della V Commissione Bilancio, pone l’accento sull’esigenza di misurazione e certificazione dell’impatto sociale. C’è ad oggi uno standard di autovalutazione, quello delle B-Corp (nato negli USA), cui potersi riferire, ovvero una certificazione per le aziende a scopo di lucro che mirano a soddisfare rigorosi standard di performance sociale e ambientale oltre alla responsabilità e alla trasparenza.
Risulta ancor più necessario – prosegue Del Barba – fare formazione in questo ambito in quanto l’expertise presente in Italia, in tema di finanza sociale e di fiscalità compensativa, è molto carente.

Nella seconda parte della giornata si sono messe a confronto diverse esperienze di imprenditori e investimenti a impatto sociale. Tra gli altri sono intervenuti Lorenzo Allevi, Amministratore Delegato di Oltre Venture, un fondo di impact investment; Marco Morganti, A.D. di Banca Prossima del Gruppo Intesa; Stefano Granata del Gruppo Cooperativo Gino Mattarelli, un consorzio nazionale di cooperazione di solidarietà sociale.

Considerato l’importante tema del Social Impact Investment e la necessità per tutte le imprese italiane di saperne di più, Donna in Affari organizzerà a inizio giugno a Roma, un workshop informativo per tutti i suoi lettori che intendono conoscere di persona gli strumenti per attuare i loro investimenti ad impatto sociale.

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