Studi e ricerche

Servizi pubblici: il giudizio degli imprenditori

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I Rapporti delle piccole e medie imprese con la PA. Una ricerca promossa da avvocati e commercialisti ne evidenzia le criticità al “Focus PMI”

di Daniela Delli Noci, giornalista

Burocrazia, nemica delle imprese. È quanto emerge dalla ricerca “I rapporti della piccola e media imprenditoria italiana con la pubblica amministrazione”, promossa da LS- Lexsjus Sinacta, associazione di avvocati e commercialisti, in collaborazione con l’Istituto Guglielmo Tagliacarne, fondazione dell’Unione Italiana delle Camere di Commercio.

I risultati dell’indagine sono stati presentati in occasione della VI edizione del Focus PMI a Roma, al Tempio di Adriano, il 17 maggio. La ricerca ha coinvolto mille imprenditori, in particolare medio-piccoli, e si è focalizzata principalmente sulla fornitura dei servizi pubblici – sanità, istruzione, amministrazione della giustizia, trasporti – prendendone in esame gli aspetti qualitativi e il rapporto costi-benefici.

 

Analizzando le richieste degli intervistati e i loro pareri sulla qualità dell’erogazione di prestazioni pubbliche, si ha un’impressione di “deja vu” e d’immobilità di un apparato burocratico che, anziché rispondere alle esigenze dei cittadini, appare più che altro vittima di se stesso. Gli imprenditori ritengono, infatti, che sia necessario semplificare le procedure, ridurre la documentazione e i tempi dell’iter amministrativo, fare maggiore chiarezza sull’avvio del procedimento, potenziare i servizi on line e gli uffici polifunzionali. Problemi di cui si discute da anni e che nessuno riesce a risolvere.

 

“La funzione meglio percepita dalla imprese intervistate” ha detto Corrado Martone, responsabile Studi PMI e Credito del Tagliacarne e coordinatore della ricerca “è quella relativa all’istruzione; la peggiore è quella che si riferisce all’amministrazione della giustizia. Succede, a volte, che una comunicazione poco efficace non aiuti a valorizzare la funzione amministrativa; il Fondo di garanzia messo a disposizione delle PMI, ad esempio, è poco conosciuto”.

 

A volte gli imprenditori scelgono di non utilizzare gli strumenti disponibili e di non attuare gli investimenti, perché sono scettici in merito alla ripresa dei consumi e della domanda di beni e di servizi da parte delle famiglie e il 46% degli intervistati ritiene che il pagamento di oneri, tasse e contributi sia determinante nella decisione di non investire.

 

Non è semplice, in ogni caso, esprimere un giudizio sul livello delle prestazioni pubbliche. Un indicatore utilizzato per valutare i servizi offerti dalla pubblica amministrazione è l’EQI, European Quality of Government Index, frutto di un progetto comunitario che coinvolge 85 mila persone in 206 regioni. La classifica relativa a qualità, imparzialità, diffusione della corruzione – che è stata stilata sulla base di tale indicatore e che elenca ai primi posti i Paesi qualitativamente migliori sul piano della struttura e del funzionamento della pubblica amministrazione – posiziona l’Italia al 24° posto nell’ambito dei 28 Paesi europei, seguita da Grecia, Croazia, Bulgaria e Romania.

Il nostro Paese, invece, “guadagna” un settimo posto nella classifica della più alta imposizione fiscale; come ha sottolineato Martone, anche i Paesi scandinavi si trovano ai primi posti quanto ad inasprimento della pressione fiscale, ma si classificano al tempo stesso nella “top ten” degli Stati europei con la qualità dei servizi più alta, al contrario dell’Italia.

 

Lo stesso indicatore, impiegato con riferimento ai nostri territori, mostra una disparità tra le Regioni del Mezzogiorno e quelle del Nord; i livelli qualitativamente migliori di prestazioni si riscontrano in Friuli, Valle d’Aosta e province autonome di Bolzano e di Trento, i peggiori in Campania. Questa disparità è in assoluto la più elevata tra tutti i Paesi europei considerati, che presentano invece una maggiore omogeneità territoriale.

 

“Per le piccole e medie imprese” ha spiegato Corrado Martone “i motivi dell’eccessiva pressione fiscale sono innanzitutto la cattiva gestione delle risorse e lo spreco delle entrate tributarie e previdenziali, (per il 53,9%), l’evasione fiscale (34,6%), la corruzione (26,6%)”.  Ulteriori fattori sono il pagamento del debito pubblico e delle pensioni e la spesa per il funzionamento della macchina amministrativa. Oltre il 50% delle imprese, poi, ritiene che la qualità dei servizi resi dalla pubblica amministrazione negli ultimi tre anni sia rimasta invariata, mentre circa il 20% la ritiene addirittura peggiorata.

 

I soggetti pubblici cui le imprese intervistate hanno dichiarato di essersi rivolte negli ultimi tre anni sono, innanzitutto, il Comune (43,2%) e la Camera di Commercio (41,3%), seguiti da Provincia (20,7%), Agenzia delle Entrate (18,3%) e Regione (18,1%).

 

L’Italia non riesce a snellire le pratiche amministrative e c’è chi, come il presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti, si domanda come il nostro Paese possa, nonostante ciò, continuare a stare al passo coi tempi. La burocrazia, ha sottolineato il presidente camerale, è nata con l’intento di difendere i più deboli; peccato che oggi rappresenti un ostacolo, più che un aiuto. Roma, ad esempio, ha un livello di tassazione tra i più alti d’Italia e l’ente camerale locale è il più grande della penisola, con 479 mila imprese iscritte.

 

Un episodio esemplificativo è stato illustrato dalla coordinatrice della Commissione Attività produttive della Conferenza delle Regioni, Manuela Bora, che si sta battendo per promuovere i corridoi europei che attraversano la penisola. L’assessora della Regione Marche, infatti, ha scoperto il motivo per il quale si preferisce far passare le merci attraverso un itinerario tortuoso per approdare a Rotterdam, anziché affrontare un percorso più lineare e veloce passando per l’Italia. Nel nostro paese si perderebbero quindici giorni di tempo e questo ritardo, neanche a dirlo, andrebbe imputato alla burocrazia.

 

“Ci troviamo in un momento evolutivo importante” ha sottolineato Ennio Lucarelli, presidente di Confindustria Servizi innovativi e tecnologici “e, come tutte le situazioni di svolta, occorre afferrare le opportunità. La rivoluzione riguarda il modo di produrre e quello di vendere; siamo ormai arrivati all’industria 4.0 e l’Italia non può rimanere fuori”.

 

Come hanno rilevato Gianfranco Di Vaio, della Cassa Depositi e prestiti, e Mario Cataldo, del Banco Popolare, gli strumenti non mancano, ma occorre una maggiore diffusione a livello locale: le imprese possono ricorrere, ad esempio, al Fondo di garanzia, che soccorre le aziende in difficoltà nei rapporti con banche e istituzioni finanziarie; al Fondo italiano d’investimento; al Fondo europeo per gli investimenti; e poi alla Sace, società del gruppo Cassa depositi e prestiti, che fornisce credito all’esportazione e protezione degli investimenti; all’Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare.

 

A parte ogni considerazione negativa, ci sono comunque degli aspetti positivi. Diminuisce la difficoltà delle imprese a gestire la propria liquidità o i pagamenti, che nel 2014 riguardava il 54% degli imprenditori, percentuale che nel 2015 è scesa al 49,6%; inoltre, il 53,3% degli intervistati ha dichiarato di sentirsi “abbastanza soddisfatto” dei servizi ottenuti dalla pubblica amministrazione; non la pensano allo stesso modo i meridionali, che nel 45% per cento dei casi si considerano “poco” o “per nulla” soddisfatti.

La ricerca, infine, ha confermato che le imprese che operano sui mercati internazionali hanno minori problemi di liquidità rispetto a quelle che agiscono a livello nazionale; infatti, solo il 40,1% delle prime ha dichiarato di aver avuto problemi di gestione finanziaria nel 2015, a fronte del 48% di quelle che operano prevalentemente in Italia.

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