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Secondo un’indagine realizzata dal Censis e promossa dal Gruppo Terziario Donna Confcommercio, le imprenditrici resistono meglio degli uomini alla contrazione del mercato

Sette imprenditrici su dieci fanno impresa nel terziario. Non solo: le donne resistono meglio degli uomini alla contrazione della base imprenditoriale. Lo rileva un’indagine realizzata dal Censis e promossa dal Gruppo Terziario Donna Confcommercio, dove si evidenzia un aumento dell’incidenza delle donne manager sul totale, che passano dal 29,9 al 30,3% in cinque anni.

Dal 2010 il mercato ha registrato una vera e propria emorragia occupazionale, con la perdita di oltre 205 mila unità tra titolari e soci di imprese (-6,3%). Ma in questo contesto di generale contrazione, le donne hanno mostrato una migliore capacità di resistenza che trova conferma nel numero inferiore di perdite, sia in termini assoluti (-69 mila imprenditrici in cinque anni) che relativi (-5,1%).

Da un punto di vista settoriale, la presenza femminile è preponderante soprattutto nel sistema dei servizi, dove l’incidenza delle imprese gestite da donne è pari al 35,6% sul totale degli imprenditori. Si attestano comunque attorno al 30% i valori relativi al settore dell’agricoltura e dell’industria, mentre il dato diviene quasi residuale in quello delle costruzioni (8,3%). Il terziario appare quindi un terreno fertile per le imprese femminili, e in effetti occupa il 69,3% di tutte le ‘attività rosa’, a fronte del 54,5% di quelle a conduzione maschile.

E la resistenza del tessuto imprenditoriale femminile non sarebbe la stessa senza l’apporto delle donne straniere, che costituiscono ormai il 9,6% delle imprenditrici. Fra esse è schiacciante la presenza di donne cinesi (20,3%), cui seguono le romene (9,9%), le marocchine (6,8%), le svizzere (5,8%) e le tedesche (5,1%).

“Noi del terziario donna” ha spiegato la presidente di Terziario Donna Confcommercio, Patrizia Di Dio “siamo una parte significativa di quelle 700 mila imprese di Confcommercio”. Per questo l’associazione chiede di “dare centralità alla cosiddetta ‘agenda donne’”, per sostenere la conciliazione tra lavoro e vita privata: “occorre puntare su misure di tipo fiscale (come sgravi contributivi o incentivi monetari) e su servizi, ma occorre una regia, un coordinamento di tutte le parti sociali, istituzionali e politiche che condivida le motivazioni e le premesse generali di cui abbiamo parlato e scelga di farsene carico, anche dal punto di vista della costruzione istituzionale”.

(dar)

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