Lavoro

Rapporto sul Mercato del Lavoro 2018

rapporto sul mercato del lavoro

Pubblicato il report annuale del Ministero del Lavoro realizzato in collaborazione con Istat, Inps, Inail e Anpal

Pubblicata la seconda edizione del “Rapporto sul Mercato del Lavoro: Verso una lettura integrata”, il report annuale 2018 frutto della collaborazione tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal realizzato con l’obiettivo di creare un sistema statistico condiviso elaborando informazioni armonizzate sulle attuali dinamiche nel mercato del lavoro.
L’analisi presentata all’ISTAT (Istituto nazionale di Statistica) il 25 febbraio 2019 ha tracciato gli aspetti congiunturali, ciclici e strutturali che hanno modificato l’apparato produttivo italiano insieme alle caratteristiche e ai comportamenti individuali dell’occupazione. Le principali novità del report di quest’anno hanno riguardato anche elementi inediti: modalità d’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, percorsi e esiti di questo ingresso, sottoutilizzazione del mercato del lavoro, bilancio dell’occupazione a 10 anni dalla prima crisi.

Mercato del lavoro: tra inoccupazione e sottoccupazione

Il decennio appena passato è stato contraddistinto da una lunga recessione che ha trasformato il tessuto produttivo e portato a una riorganizzazione dell’occupazione per quanto concerne il lavoro dipendente passando a rapporti di lavoro a tempo determinato con un’espansione degli impieghi a tempo parziale.
In Italia, nonostante qualche miglioramento della situazione economica, in generale permane un’ampia inoccupazione e sottoccupazione dovuta ai notevoli disallineamenti formativi e all’acuirsi degli squilibri territoriali tra Nord e Sud del Paese.
In complesso gli analisti hanno indicato un tasso di disoccupazione fisso all’11% collocandoci al terz’ultimo posto nella graduatoria UE a 28 (7,6% la media europea).

Il bilancio del mercato del lavoro a 10 anni dalla crisi

Nel 2018 la forza lavoro non utilizzata ma potenzialmente impiegabile nel sistema produttivo ammontava a circa 6 milioni di individui (2,9 milioni di disoccupati e 3,1 milioni forze di lavoro potenziali) registrando un tasso di sottoccupazione più elevato nel Mezzogiorno, tra le donne, i giovani e gli stranieri. Da un punto di vista congiunturale il nostro Paese ha aumentato il numero dei posti di lavoro rispetto ai livelli pre-crisi, ma ha ridotto il numero delle ore lavorate e il Pil rispettivamente del 5,1% e del 3,8% concentrando l’occupazione verso settori a bassa qualifica e bassa retribuzione professionale.
É soprattutto il numero dei lavoratori stranieri a crescere, passando dal 7,1% al 10,6%, concentrandosi in prevalenza nei settori: alberghiero, ristorazione, agricoltura e servizi alle famiglie. L’occupazione femminile nel 2018 è aumentata di 5,4 punti percentuali, mentre quella maschile ha registrato 388 mila unità in meno pari al 2,8%.
In sintesi l’occupazione, dopo una crescita nel 2017, ha raggiunto il suo massimo storico nel 2018 con 23,3 milioni di unità (pari al 58% degli occupati) contro una media UE del 68%.

Giovani e lavoro. La sottoutilizzazione delle competenze

Il gap occupazionale Italia-UE ha prodotto forti criticità soprattutto sul versante dei giovani. Infatti, con il progressivo ingresso nel mondo del lavoro, si sono acuite instabilità del lavoro permanente per una sottoutilizzazione delle loro capacità potenziali dovuta all’emersione del fenomeno della sovra istruzione. I giovani secondo l’analisi risultano più istruiti rispetto alle mansioni che svolgono e questa sottoutilizzazione è condizionata da una domanda di lavoro non adeguata e da una mancata corrispondenza tra le competenze specialistiche richieste e quelle possedute. Da qui emerge il quadro negativo in quanto aumenta la quota di italiani (dottori, ricercatori, professori e specialisti) che, in cerca di migliori occasioni di lavoro, abbandonano il nostro Paese per migrare all’estero. Erano 40 mila nel 2008 i giovani che avevano scelto di lavorare fuori dal nostro Paese, saliti poi a 115 mila nel 2017, triplicando nel decennio il dato della nostra emigrazione occupazionale.

Mercato del lavoro: verso uno spreco di risorse umane

Dal rapporto spiccano nuove modalità nella distribuzione del lavoro a cui si aggiunge una diversa composizione socio demografica dei lavoratori. Un primo cambiamento è stato il part time involontario che negli ultimi dieci anni è aumentato, coinvolgendo circa 1,5 milioni di persone a fronte di un calo di 866 mila occupati full time.
L’indebolimento della domanda di lavoro ha anche portato a una ricomposizione dell’occupazione per settori di attività economica. Infatti l’incidenza dei lavoratori part time è cresciuta in generale ma è diminuita nei comparti con maggiore presenza di lavoratori a tempo pieno (industria in senso stretto e costruzioni).
In generale dalla relazione si deduce che le professioni favorite sono quelle poco qualificate a scapito di quelle altamente qualificate.
Per concludere dallo screening emerge un ingente spreco di capitale umano se si pensa che per avvicinarsi al tasso di occupazione UE al nostro Paese mancano oltre 3,8 milioni di occupati in settori qualificati come sanità, istruzione e pubblica amministrazione.

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