Lavoro Pensioni

Pensioni dei professionisti dell’informazione e della comunicazione a rischio?

pensioni

I comunicatori chiedono un tavolo tecnico con il Governo per evitare l’allargamento della platea dei contribuenti allo scopo di salvare l’Istituto previdenziale dei giornalisti

La questione aperta da vari mesi riguarda l’allargamento della platea dei contribuenti Inpgi (attualmente solo giornalisti) anche ai comunicatori e non solo, allo scopo di permettere il “salvataggio” dell’Istituto previdenziale dei giornalisti. Si profila pertanto la possibilità di far confluire nelle casse dell’Inpgi i contributi dell’intero settore dei comunicatori, che si stima sia composto da 10-20 mila unità. Una prospettiva che non piace a molti.
Al dibattito su questo argomento, svolto il 19 dicembre a Montecitorio, hanno aderito: Maurizio Incletolli, presidente di ASCAI, associazione per lo sviluppo della comunicazione aziendale, Mario Mantovani, presidente di CIDA, confederazione italiana dirigenti, Tiziana Sicilia, presidente di COM&TEC, associazione italiana per la comunicazione tecnica, Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, Rita Palumbo, segretario generale di FERPI, federazione relazioni pubbliche italiana e Andrea Cornelli, vicepresidente di UNA, aziende della comunicazione unite.

La fotografia del mondo dei comunicatori
Federazioni, associazioni e aziende della comunicazione hanno chiesto di essere ascoltate dal governo e dalle parti sociali perché il tema del salvataggio Inpgi lascia ampie zone d’ombra.
Mario Mantovani, rappresentante dei dirigenti italiani privati e pubblici della CIDA, afferma che nella confederazione convergono figure professionali che svolgono attività di comunicazione in aziende private, enti pubblici e ministeri. “La confederazione” ha detto “oltre ad essere rilevante nella contrattazione collettiva privata e pubblica, è rappresentativa nelle organizzazioni sindacali e professionali di settore. La prima difficoltà è riconoscere chi sono queste figure professionali e le modalità con le quali vengono identificate per il salvataggio dell’Inpgi che attualmente non consente di tracciare confini precisi. La ragione per la quale la categoria chiede la convocazione di un tavolo” ha continuato Mantovani “è che si auspica che il confronto venga allargato qualora si includano nella riforma Inpgi figure professionali differenti”.

Ipotesi sulla tutela previdenziale
Si sollecita un tavolo paritetico anche per far confluire ipotesi alternative che riguardano la tutela previdenziale e la sostenibilità degli enti previdenziali incaricati di assolvere questa funzione pubblica anche quando hanno una natura privata, sostituendosi all’Inps. “Appare chiaro” commenta Mantovani “che mentre l’Inps deve garantire la sostenibilità dei conti di diverse categorie, gli enti di piccole dimensioni hanno maggiori difficoltà perché legati all’andamento del settore, attraversato da crisi profonde nella riorganizzazione e strutturazione. Per questi motivi crediamo che la priorità sia mettere in sicurezza il futuro di chi oggi va in pensione, di chi è in procinto di uscire dal mercato del lavoro e di chi invece è più giovane e versa i contributi per arrivare alla pensione”.
Una seconda priorità è garantire ciò che è stato costruito nel tempo. “Il valore delle casse degli enti previdenziali privati e di secondo pilastro” ha detto il presidente di CIDA “sta nella capacità di personalizzare i servizi in base all’esigenza della categoria e dall’evoluzione demografica. In questo senso all’interno dei contratti firmati dalle confederazioni esistono forme previdenziali personalizzate e complementari che svolgono questa utile funzione. Un’ipotesi” ha sostenuto “potrebbe essere quella di trasformare l’Inpgi in una forma di previdenza complementare, ma questa strada deve essere analizzata da esperti”.
Per Mantovani l’obbiettivo è allargare il tavolo e affrontare l’argomento qualora ci fosse un provvedimento di legge che tenta di regolare analiticamente un settore complesso. “Non è facile definire i perimetri delle organizzazioni che operano nella comunicazione, ma di fronte ad un confronto queste realtà hanno la possibilità di effettuare un coordinamento con modalità efficienti per la gestione”. Infine, Mantovani riferisce che è stato interpellato Alberto Brambilla della presidenza economica del consiglio, il quale ipotizza che l’Inpgi potrebbe rimanere operativa per amministrare sia la gestione separata che la gestione complementare e che tale soluzione va approfondita.

Le modalità organizzative
Deiana riferisce che Confassociazioni raccoglie 602 associazioni professionali e 1milione di iscritti e che la questione non coinvolge solo i comunicatori ma interessa anche altre categorie. “La proposta di costituire un tavolo tecnico” ha spiegato “è necessaria per accertare chi sono i comunicatori, quali figure professionali, competenze e modalità organizzativa si dotano”. Un caso da valutare è la modalità di accesso di circa 20 mila comunicatori all’Inpgi e capire se questi soggetti sono dipendenti o liberi professionisti. Altro elemento che attiene alla sostenibilità economica perché Deiana dice “una base di 14 mila iscritti all’Inpgi è debole e fatica a stare in piedi oggi, ma avrebbe gli stessi problemi tra 5 anni qualora fosse ampliata la platea degli iscritti”.

Differenze tra le professioni del giornalismo e della comunicazione
La Ferpi – ha precisato Rita Palumbo – è un’associazione di professionisti dipendenti di aziende che hanno contratti di settore e non contratti di lavoro per i giornalisti, quindi esistono reali differenze tra le professioni del giornalismo e della comunicazione. “Non è possibile avere la stessa previdenza perché i comunicatori hanno obiettivi e scopi diversi. Mentre il giornalismo è obbligato a produrre informazione per i cittadini, i comunicatori hanno il compito di mediare gli interessi di parte”.
“Il nodo centrale è che la rete dei comunicatori non è stata ascoltata dalle istituzioni” ha aggiunto. “altrimenti avrebbe chiarito perché, anche se entrasse tutta la categoria, i conti Inpgi non sarebbero salvati. Si sarebbero potuti focalizzare punti di contatto fra le due professioni per gestire il mercato, affrontare i temi del giornalismo e del digitale che vedono operare la stessa prestazione professionale da due figure simili, ma non uguali”.
Rita Palumbo ha poi enunciato quanto stabilito dalla Corte dei conti a proposito della copertura finanziaria nella legge n. 58 del 28 giugno 2019: la normativa, all’art 16, riguardante l’ingresso all’Inpgi dei comunicatori a partire dal 2023, parla di una “scarsa chiarezza del meccanismo normativo basato su ipotesi, ove si registra una compensazione a partire dal 2023, ma non è chiaro se tale misura è in grado di fornire le necessarie disponibilità, se si tratta di risorse di bilancio o autorizzazioni di spesa”. In conclusione, i fondi di riserva per il segretario Ferpi non sarebbero sufficienti a soddisfare il fabbisogno annuale dell’Inpgi, che ammonta a 180 milioni di euro l’anno. “Il tavolo” ha concluso “deve coinvolgere tutti gli attori che operano nel mercato, poiché a tuttoggi né l’Inps né l’Inpgi hanno approfondito la questione per una soluzione nel merito. Le uniche parole da tenere presente sono: realismo, fattibilità e rispetto delle diverse categorie”.

Ruoli e competenze dei comunicatori
Tiziana Sicilia ha sottolineato che le figure professionali in Com&Tec sono di grande rilevanza, avendo competenze allargate e abilità che richiedono una formazione specifica. Questi professionisti, dipendenti di aziende che operano in processi strutturati, ricoprono ruoli strategici che vanno da quelli manageriali in aziende medio-grandi a quelli imprenditoriali nelle società di consulenza, richiesti dal mercato privato e dal mondo accademico che sta formando nuovi comunicatori. È importante secondo Sicilia che tale platea sia rappresentata nei tavoli per trovare una soluzione rispettando le esigenze di entrambe le parti. La presidente ritiene vitale partecipare in modo paritario a quello che riguarderà il comparto della comunicazione con l’invito di confrontarsi per evitare di trattare la questione con superficialità e scarsa informazione.

Andrea Cornelli di UNA ha riferito che l’agenzia raccoglie tutto il mondo della pubblicità e che questi professionisti (specialisti CEO, Data Analyst, social media manager) sono dipendenti di aziende che propongono progettualità di comunicazione avanzate e non hanno un contratto di lavoro specifico – di cui fra l’altro non si dispone il numero totale. Solo UNA tutela 10mila posti di lavoro. In conclusione, UNA invoca l’apertura urgente di un tavolo con giornalisti, comunicatori e Governo per trovare soluzioni sostenibili e rivedere la contrattualistica che regola questi mondi adiacenti che devono collaborare tra loro.

Il presidente di ASCAI ha sostenuto che occorre individuare l’equazione per rispondere sia alle richieste dei comunicatori sia a quelle del mondo del giornalismo. Ritiene però che tale “operazione” non sia fattibile perché le aziende hanno fatto scelte precise nei confronti dei comunicatori da un punto di vista previdenziale e i comunicatori hanno accettato il contratto collettivo di riferimento. L’ostacolo risiede quindi nella legittimità da un punto di vista contrattuale per la tutela del lavoratore.
Un altro punto nodale si rifà alla questione che i comunicatori d’impresa rientrano fra le professioni cosiddette non regolamentate, dove non esistono né un Ordine né un Albo ma vale un’appartenenza che risponde alla contrattualizzazione di un settore produttivo: si tratta cioè di contratti di lavoro dipendente fissati con l’azienda e non di contratti giornalistici. Ultima considerazione riguarda la prestazione e le competenze dei comunicatori che si formano all’interno dell’azienda e scaturiscono da precise strategie estranee al mondo del giornalismo.

Potrebbe interessarti