Ambiente Imprenditoria

La viticoltura per l’UE non è essenziale

Le associazioni del settore si ribellano alle seguenti conclusioni dello studio della Commissione Europea: “la viticoltura per l’UE non è essenziale”

La viticoltura per l’UE
Secondo lo studio complementare sull’impatto del regolamento SUR (sull’uso sostenibile dei pesticidi – https://www.parlamento.it/notes9/web/docuorc2004.nsf/4d9255edaa0d94f8c12576ab0041cf0a/07ff184488b45437c125886e003ae13b/$FILE/COM2022_0305_IT.pdf) pubblicato dalla Commissione Europea è irrilevante la prevedibile diminuzione della produzione di uva nell’Unione Europea poiché non si tratta di una coltura essenziale. Eppure l’Unione Europea è il primo produttore di vino al mondo, con il 45% della superficie viticola mondiale. Questo settore ad alto valore aggiunto è vitale per molte regioni rurali europee, genera milioni di posti di lavoro e contribuisce in modo significativo alla bilancia commerciale dell’UE. Ma allora perché lo studio considera che la viticoltura per l’UE non sia essenziale?

La Commissione Europea

Perché uno studio SUR complementare
Il Consiglio europeo a dicembre 2022 aveva invitato la Commissione Europea a fornire uno studio che integrasse la valutazione d’impatto sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, invito accettato previa votazione da tutti i ministri dell’agricoltura europei che hanno così emanato tale decisione. Tutto era nato sulla base dell’accoglimento degli obiettivi della proposta di ridurre del 50% entro il 2030 l’uso e i rischi dei prodotti sanitari nonché l’uso dei pesticidi più pericolosi in tutta l’Unione Europea a seguito della quale era stato emesso uno studio SUR la cui valutazione d’impatto si basava sui dati raccolti prima dello scoppio della guerra russo-ucraina, dunque – secondo la relazione sullo stato di avanzamento dei lavori presentata dalla presidenza ceca al Consiglio “Agricoltura e pesca” del 12 dicembre – senza tenere conto dell’impatto a lungo termine sulla sicurezza alimentare e sulla competitività del settore agricolo dell’UE. Partita dunque dalla Repubblica Ceca, la richiesta è stata accolta dal Consiglio (https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-15652-2022-INIT/it/pdf): “la valutazione d’impatto della Commissione non fornisce analisi quantitative adeguate in merito al potenziale impatto della proposta sul settore agricolo dell’UE e al potenziale aumento della dipendenza alimentare, né prende in considerazione l’impatto della proposta di vietare i prodotti fitosanitari in aree sensibili, soprattutto alla luce della limitata disponibilità di alternative a basso rischio ai consueti pesticidi chimici e dell’assenza di requisiti analoghi per gli alimenti importati sul mercato dell’UE. Rileva inoltre che gli obiettivi di riduzione a livello nazionale dovrebbero essere decisi in modo flessibile, tenendo conto delle condizioni specifiche di ciascuno Stato membro. Il Consiglio chiede pertanto dati complementari sulle questioni sopra esposte, al fine di garantire la sicurezza alimentare quale obiettivo centrale dell’agricoltura”. Nella decisione del Consiglio si chiede alla Commissione di presentare i dati necessari quanto prima e comunque entro sei mesi dalla sua entrata in vigore. Per evitare di rallentare il processo, la decisione sottolinea che i lavori a livello tecnico su questioni non interessate dalla richiesta di dati complementari proseguiranno.

Paesi produttori e non
Di fatto in Europa non tutte le economie agricole si basano sugli stessi prodotti e ovviamente qualsiasi decisione sarebbe sbilanciata e provocherebbe danni a seconda dei casi. Se alcuni Paesi sono maggiori produttori di grano e altri di uva e se si decide che l’uso di fitosanitari è superiore nelle coltivazioni di uva e inferiore in quelle di grano o viceversa, a risentirne sarà l’economia di alcuni Stati e non di altri. In questo caso, senza voler dire che alcuni Stati salvaguardano i propri interessi in un’ottica di PIL e di tutto ciò che ne consegue a livello di tassazione, di fondi ricevuti, ecc. ecc., bisogna considerare che lo studio richiesto ha portato a conclusioni che mettono in difficoltà Paesi produttori di vino come la Spagna, l’Italia e la Francia e non altri, che magari usano in ugual misura – se non maggiore – fitosanitari e altri prodotti. Anzi, la viticoltura – al contrario di altre colture più “in voga” in altri Paesi – è sempre più biologica e quindi ci si chiede in quale modo sia stata presa in considerazione come “nociva” per l’ambiente.

I risultati dello studio complementare
Lo studio complementare prevede un calo della produzione di uva dovuto agli effetti della riduzione dei fitosanitari, stimato al 18% in Spagna, al 20% in Italia e al 28% in Francia, senza nemmeno valutare l’impatto del cambiamento climatico che andrebbe aggiunto a questa cifra. La Commissione Europea aggiunge nello studio che la produzione di uva non è una coltura essenziale per la sicurezza alimentare europea e che una diminuzione della produzione di vino in Europa sarebbe irrilevante. Queste affermazioni ignorano l’enorme contributo economico, sociale e culturale del settore vitivinicolo in molte regioni dell’UE. Le organizzazioni del settore vitivinicolo spagnole, francesi e italiane hanno preso atto dello studio complementare appena pubblicato dalla Commissione europea sulle conseguenze del regolamento SUR sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari in Europa e hanno reagito negativamente.

La reazione della viticoltura europea
Le Associazioni di rappresentanza italiane, francesi e spagnole rivendicano l’importanza del vino in Europa alla luce delle conclusioni del recente studio pubblicato dalla Commissione Europea in cui si afferma che la prevedibile diminuzione della produzione di uva è irrilevante, in quanto non si tratta di una coltura essenziale. “Questo atteggiamento è totalmente inaccettabile da parte delle organizzazioni rappresentative della catena del valore del vino in Spagna, Francia e Italia: è incomprensibile che la Commissione europea ipotizzi e preveda la penalizzazione di un intero settore di grande importanza per l’economia europea”. Gli operatori e le aziende vitivinicole sono da tempo impegnati nella transizione ecologica e continueranno ad esserlo, come abbiamo più volte evidenziato con gli articoli del nostro giornale. Pur consapevoli che ci sia ancora del lavoro da fare, le organizzazioni che rappresentano i produttori del comparto vitivinicolo spiegano che “i nostri produttori devono poter portare avanti questo impegno per la sostenibilità ambientale senza inutili polemiche” e chiedono quindi agli Stati membri e agli eurodeputati di “prendere una posizione chiara su questo tema. Il vino è un importante prodotto economico e culturale in Europa. Il nostro settore chiede di essere sostenuto per continuare le azioni di transizione ecologica con regolamenti realistici e un calendario operativo che permetta l’implementazione delle soluzioni alternative efficaci esistenti e in arrivo”.

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