Lavoro Opportunità

Mercato del lavoro italiano dal 2024 al 2028

Tra il 2024 e il 2028 il mercato del lavoro italiano avrà bisogno di più di 3 milioni di occupati da assumere soprattutto in alcune regioni

Reperire personale è divenuto un must per il mercato del lavoro italiano poiché le difficoltà nel trovare persone da assumere costano al nostro Paese quasi 44 miliardi di euro. A livello nazionale tra il 2024 e il 2028 il fabbisogno occupazionale sarà, a seconda dello scenario che si delineerà, tra i 3,1 e i 3,6 milioni di persone da assumere e le regioni che più avranno bisogno di lavoratori sono Lombardia, Lazio, Campania, Emilia-Romagna e Veneto. È quanto emerge dal report sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” aggiornato al quinquennio 2024-2028, elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro.

Il mercato del lavoro italiano 2024-2028
Tra il 2024 e il 2028 il mercato del lavoro italiano potrà esprimere un fabbisogno compreso tra 3,1 e 3,6 milioni di occupati, a seconda dello scenario macroeconomico considerato. Infatti, lo stock occupazionale 2023 potrebbe crescere nel quinquennio da un minimo di 238mila unità nello scenario negativo fino a un massimo di 722mila occupati in un contesto più favorevole. In Lombardia – con un fabbisogno atteso pari a 669mila occupati nello scenario positivo – si concentrerà oltre il 18% dell’intera domanda nazionale, seguita da Lazio (356mila unità pari al 9,8%), Campania (320mila unità, 8,8%), Emilia-Romagna (306mila unità, 8,4%) e Veneto (302mila unità, 8,3%).

Il fabbisogno occupazionale
Le necessità di sostituzione dei lavoratori in uscita dal mercato del lavoro italiano determineranno la gran parte del fabbisogno: 2,9 milioni di unità nel quinquennio, pari ad una quota dell’80% nello scenario positivo e del 92% in quello negativo. “La riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro rappresenta una delle priorità di politica economica da affrontare in questo momento” sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “I costi derivanti dal minor valore aggiunto che sarà possibile produrre nei diversi settori economici a causa del ritardato o mancato inserimento nelle imprese dei profili professionali necessari stanno infatti aumentando proprio a causa del progressivo innalzamento della difficoltà di reperire personale. La stima per il 2023 del costo del mismatch è di 43,9 miliardi, cifra corrispondente a circa il 2,5% del Prodotto interno lordo italiano. Per invertire il trend, che ha tante ragioni d’essere, a cominciare dall’andamento demografico, si deve lavorare sempre di più sul fronte dell’orientamento e avvicinare i percorsi formativi alle grandi trasformazioni in atto”.

Settore privato e pubblico, il personale ricercato
Nel 2024-2028, per l’insieme dei settori privati e pubblici, circa il 41% del fabbisogno complessivo interesserà dirigenti, specialisti e tecnici (tra 1,3 e 1,5 milioni di unità) mentre le professioni commerciali e dei servizi assorbiranno il 19% del fabbisogno totale, gli impiegati il 15%, gli operai specializzati l’11% e i conduttori di impianti il 6%. Saranno perciò destinate a crescere le professioni specialistiche e tecniche, ma anche quelle impiegatizie (per effetto della domanda della Pubblica Amministrazione), mentre continueranno a diminuire operai specializzati e conduttori di impianti.

La formazione che serve
Il mercato del lavoro italiano ha bisogno nel 38% dei casi (durante il quinquennio considerato) di profili con una formazione terziaria (laurea, diploma ITS Academy o AFAM), per il 4% di profili con un diploma liceale e per il 46% di personale in possesso di una formazione secondaria di secondo grado tecnico-professionale (diplomi quinquennali e IeFP quadriennali o triennali).
In particolare, nell’istruzione terziaria sarà elevato il fabbisogno di persone con un titolo in ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), che determinerà un significativo mismatch rispetto alla presenza di giovani in possesso di questo tipo di formazione che faranno ingresso nel mercato del lavoro. Per l’insieme dei percorsi STEM potrebbero mancare, infatti, ogni anno tra 8mila e 17mila giovani. Per quanto riguarda gli altri indirizzi, è attesa una carenza di offerta per l’indirizzo insegnamento e formazione (mancheranno tra 9mila e 12mila giovani), economico-statistico (5-11mila) e medico-sanitario (circa 7mila). Ma anche per la formazione secondaria di tipo tecnico-professionale è prevista una carenza di offerta, che riguarderà sia i percorsi quinquennali (mancheranno tra 13mila e 42mila giovani all’anno) sia quelli di Istruzione e Formazione Professionale (con un’offerta in grado di coprire poco più della metà dei fabbisogni).

Le competenze verdi e digitali
I macro trend delle transizioni green e digitale incideranno sulla domanda nel mercato del lavoro italiano, portando sia ad un innalzamento delle competenze verdi e digitali richieste sia alla nascita di nuove figure professionali. Si stima che tra il 2024 e il 2028 il possesso di competenze green verrà richiesto ad oltre 2,3 milioni di lavoratori (quasi i due terzi del fabbisogno del quinquennio) e le competenze digitali a 2,1 milioni di occupati (oltre il 58% del fabbisogno totale).

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