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Esodati – I numeri del Governo e quelli dell’Inps

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Esodati, il caos è servito

Discordanze significative tra le stime del Governo e quelle dell’Inps. E i lavoratori, che fine faranno?

Esodo: termine di origine greca, che evoca fughe di massa, movimenti biblici e viaggi epocali… e che, applicato al nostro mercato del lavoro e riferito alle ultime norme in materia pensionistica, viene a descrivere la condizione di migliaia di lavoratori, beffati dalla recente riforma delle pensioni e incerti sul loro destino. L’ultima relazione Inps sulla loro condizione, appena divulgata, offre numeri molto diversi da quelli comunicati dal Ministero del Lavoro. Ed è il caos.

Gli esodati: chi sono?

130.000 inizialmente per l’Inps, e oggi, secondo gli ultimi dati diramati dall’ente previdenziale, ben 390.200: tanti sarebbero gli esodati, cioè i lavoratori che, trovandosi prossimi alla pensione prima dell’ultima riforma Fornero, avevano firmato con le loro aziende accordi per un collocamento a riposo anticipato, in cambio di sostegni economici che li accompagnassero fino al raggiungimento dei requisiti minimi per ricevere la pensione. Dopo la firma dell’accordo, e la conseguente uscita dalle aziende, è stata varata la riforma del welfare: così, quei lavoratori che, secondo il vecchio sistema, sarebbero andati in pensione in uno o due anni, e che avevano puntato, per il tempo che li separava dal collocamento a riposo, sugli incentivi offerti loro dalle aziende in cambio dell’abbandono anticipato del posto, hanno visto allontanarsi il termine minimo per l’ottenimento della pensione, e si trovano in condizioni assai precarie, dovendo rimanere senza pensione e senza stipendio anche per 5 o 6 anni.
Che fine faranno, si chiedono, quando i contributi erogati dalle aziende, e pensati per coprire un tempo più o meno limitato, finiranno? E come interverrà lo Stato?

Il decreto salva-esodati e la posizione dei sindacati

Da pochi giorni il Ministro del Lavoro è intervenuto sulla questione degli esodati, varando un decreto ad hoc, che consente a 65.000 lavoratori di andare in pensione secondo le vecchie regole. Immediata la reazione dei sindacati: “Di fronte ai dati ufficiali il decreto sui 65.000 esodati è insufficiente, ed è è necessaria una immediata convocazione delle parti sociali per individuare le opportune soluzioni e coperture economiche per l’intera platea dei lavoratori”, sostiene Maurizio Petriccioli, Segretario confederale Cisl. “La relazione Inps ha confermato come la riforma previdenziale introdotta dal governo Monti, in assenza della gradualità necessaria ad offrire il giusto accompagnamento alla pensione per le persone che erano ai limiti del raggiungimento dei vecchi requisiti, abbia prodotto una ferita nel paese, lasciando centinaia di migliaia di persone senza un reddito da lavoro o da pensione”.

Pro e contro esodati: opinioni a confronto

Altre voci si pronunciano però contro gli esodati: la scelta di sottoscrivere accordi con le aziende, in cambio dell’abbandono del posto e con incentivi di tipo economico, è stata una scommessa, dicono, che i lavoratori hanno fatto liberamente. Fatti salvi, se esistono, i casi di obbligo di accettazione imposto dalle aziende ai dipendenti, tutti quelli che hanno scelto liberamente di sottoscrivere gli accordi hanno di fatto accettato di correre un rischio, puntando sul mantenimento delle vecchie norme in materia di welfare. Si porrebbe a questo punto, concedendo sostegni statali a queste persone, un problema di giustizia nei confronti dei lavoratori che, per prudenza, hanno invece rifiutato le offerte delle aziende e preferito restare al lavoro fino all’arrivo naturale della pensione, senza incentivi ma anche senza rischi.

Dal canto suo, il sottosegretario all’Economia Polillo ha fatto intravedere la possibilità dell’annullamento degli accordi tra ex-lavoratori e aziende, conclusi prima del varo della riforma delle pensioni: “gli esodati hanno firmato un accordo con le aziende”, ha detto; “se cambiano le condizioni che hanno legittimato quell’accordo, secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico, possono chiedere che quell’accordo sia nullo”. Si profilerebbe per gli ex lavoratori, in questo modo, la possibilità di promuovere ricorsi per ottenere il reintegro nel servizio.

La condizione degli esodati: il rimbalzo di dati e stime tra Governo e Inps

Nei fatti, se si confrontano i dati Inps con il numero di ex lavoratori salvaguardato dal decreto Fornero, più di 320mila persone resterebbero privi di tutele, e verserebbero in precarie condizioni economiche. Di questi, 10.250 sono ammessi alla prosecuzione volontaria dei contributi, contro i 133.000 stimati dall’Inps; 6.890 sono i lavoratori usciti dal lavoro tra il 2009 e 2011 e ora senza collocazione, mentre secondo l’Inps sono in questa condizione 180.000 persone. Completano il quadro 29.050 lavoratori in mobilità, contro i 45.000 stimati dall’Inps, le persone a carico dei fondi di solidarietà (17.710 salvaguardati dal decreto, ma 26.200 secondo l’Inps) e i lavoratori titolari di congedi straordinari per assistere i figli disabili: dei 3.330 che secondo l’Inps sono in questa condizione, solo 150 sono stati inclusi nel recente decreto del Governo.

Il decreto previdenziale 201/2011: le norme in breve

La riforma della previdenza targata Fornero è stata varata dal Governo Monti il 6 Dicembre 2011, con il Decreto Legge n. 201, ed è in vigore per tutti i lavoratori che andranno in pensione dal primo gennaio di quest’anno 2012. Ha introdotto il metodo contributivo nel calcolo delle pensioni, la convergenza del trattamento previsto per uomini e donne e la flessibilità nell’età di pensionamento. Abolisce le finestre di uscita, prevede l’aumento delle aliquote contributive per i lavoratori autonomi e penalizza le pensioni di anzianità (2% per ogni anno di anticipo rispetto al limite minimo di età), imponendo di fatto il pensionamento per età: 66 anni per i lavoratori pubblici, maschi e femmine, con flessibilità fino a 70 anni. Gli stessi termini sono previsti per il settore privato, ma gradualmente entro il 2018. Nel frattempo, nel privato per le donne il limite è fissato a 62 anni per le dipendenti, e a 63 anni e sei mesi per le autonome.

Laura Carmen Paladino

Allegati

pdf DL201-6-dicembre-2011.pdf
pdf Riforma-Pensioni-comunicatoINPS.pdf

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