Diritti

Com’è cambiata la tutela del lavoro femminile negli ultimi 50 anni

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Presentato a Roma l’ultimo studio promosso dall’Anmil – Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro

di Antonella Latilla, giornalista

Com’è cambiato il lavoro delle donne negli ultimi anni? Quali tutele esistono rispetto al passato? A queste domande risponde lo studio “Il vecchio e il nuovo. Vite di donne a confronto: come sono cambiati il lavoro e la tutela femminile negli ultimi 50 anni”, promosso dal Gruppo Donne Anmil per le Politiche Femminili.

L’analisi – che comprende il periodo tra il 1965 e il 2014 – è nata proprio con l’intento di richiamare l’attenzione sul mondo del lavoro al femminile e sulla tutela prevista per le donne che si infortunano a causa dell’attività lavorativa.

“Proponendo questo studio sul ruolo della donna nell’evoluzione storica del lavoro e degli infortuni al femminile, vogliamo lasciare uno spunto di riflessione, che stimoli un atteggiamento critico nuovo nell’ambito di tutto il mondo del lavoro e i dati che delineano la gravità del fenomeno possono oggettivamente essere motivo di presa di coscienza di un impegno forte non più rinviabile” hanno fatto sapere dal Gruppo Donne ANMIL, nel corso della presentazione dell’indagine.
All’incontro, che si è tenuto a Roma presso la sede dell’INAIL, sono intervenuti tra gli altri la senatrice Silvana Amati, Segretario di Presidenza del Senato e Componente Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani e il Presidente del CIV INAIL, Francesco Rampi.

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Snocciolando qualche numero, nel cinquantennio preso in esame il numero di donne occupate è cresciuto di quasi 4 milioni di unità, passando dai circa 5.5 milioni del 1965 ai 9.3 milioni del 2014, con un incremento superiore al 70%. Come sottolineato da uno dei curatori dello studio, Franco D’Amico, sono state dunque le donne a sostenere il mercato del lavoro in questi decenni. Ma, nonostante i traguardi raggiunti, l’Italia è ancora lontana dagli altri Paesi occidentali. Basti pensare che sono ancora pochissime le donne che ricoprono posizioni lavorative di vertice, ed ancora meno quelle elette nelle assemblee rappresentative.

Il Testo Unico sugli Infortuni

L’excursus sull’evoluzione del fenomeno infortunistico al femminile negli ultimi 50 anni permette di comprendere quale direzione prendere e tra queste c’è sicuramente l’esigenza di mutare il Testo Unico infortuni, che risale al 1965 e andrebbe completamente rivisto.

“Il Testo Unico va rivisto perché bisogna tenere conto anche della psicologia delle donne infortunate. Ma sono da rivedere anche il tariffario e il testo d’aiuti alle famiglie di vittime d’invalidità” ha specificato la senatrice Silvana Amati.
Sulla stessa lunghezza d’onda Francesco Rampi che ha fatto sapere quanto dopo un infortunio si faccia attenzione “solo alla parte economica, senza badare allo stato d’animo delle donne che restano vittime di infortuni sul lavoro”.
Così come, secondo l’avvocata Maria Giovannone, altra curatrice dello studio, va rivisto l’articolo 3 della Costituzione (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali) in quanto c’è bisogno di tutele diversificate, a seconda della storia di ognuno.

L’incontro è stato anche occasione per richiamare l’attenzione sull’ultimo traguardo raggiunto, ovvero quello di non calcolare più le rendite di invalidità nel modello ISEE. A sottolinearlo il presidente nazionale ANMIL, Franco Bettoni, il quale ha parlato di “grande battaglia vinta: era impossibile considerare quel tipo di risarcimento una fonte di ricchezza, non quando si soffre per invalidità”.

E proprio sul tema della sofferenza si è soffermata Martina Muzi, in rappresentanza del Gruppo Donne per le Politiche Femminili, che ha evidenziato quanto sia difficile, per le vittime di invalidità, vivere la propria diversità alla luce del sole.

Tra le altre battaglie legate al mondo del lavoro, ricordiamo che l’ANMIL sta portando avanti in questi mesi quelle contro lo stalking, cioè le molestie continuative gravi e assillanti, ed il mobbing, il “terrore psicologico” sul luogo di lavoro.

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