A cura di Domenico Monteleone, Patrocinante in Cassazione
Nell’immaginario comune, quando si evoca il termine “Usura” si fa subito riferimento ad un reato – ad un riprovevole reato – perpetrato ad opera di organizzazioni illegali e dedite alla criminalità.
La quotidianità giudiziaria e, dunque, la Giurisprudenza – ovvero le sentenze dei tribunali ai vari livelli – ha invece “isolato” fattispecie in cui è un istituto bancario a commettere il reato dell’usura.
In verità, sono diverse le banche nei cui rapporti è possibile individuare questo tipo di fenomeno che, poi, è solo uno delle possibili situazioni illecite connesse al prestito di denaro verso i contraenti-debitori.
L’ambito di questa indagine giuridica che ci apprestiamo a fare è, dunque, quella del prestito e l’analisi va focalizzata sugli interessi che altro non sono che il prezzo del prestito.
In sostanza, quando la banca concede una somma in prestito, pretende in cambio un corrispettivo chiamato, appunto, interesse e che viene determinato in percentuale rispetto alla somma originariamente data in prestito.
Questo corrispettivo ripetiamo – come è noto – si chiama “interesse”.
La legge stabilisce le modalità e l’ammontare massimo di tale interesse e detta le linee che – una volta rispettate ed osservate – consentono di mantenere nell’ambito della liceità il rapporto bancario sottostante.
In poche parole se l’interesse è nei limiti imposti dalla legge: nulla questio ovvero la transazione, il rapporto, il prezzo del prestito, è lecito e tutto scorre secondo la previsione normativa.
Il problema si pone – al contrario – allorquando i limiti di legge vengono oltrepassati in eccesso e si crea uno squilibrio rispetto alla situazione concreta e rispetto alla previsione normativa che quella stessa situazione concreta aveva voluto incardinare in binari leciti e legittimi.
C’è da segnalare anche un altro importante aspetto ed è relativo al fatto che le banche sono solite chiedere – oltre agli interessi veri e propri – tutte una serie di spese ed oneri che, naturalmente, contribuiscono a far lievitare il costo del prestito iniziale.
Spieghiamoci meglio: se per una somma pari a 1.000 chiedo 50 di interesse avremo un tasso pari al 5%. Se, a fianco a questo interesse, chiedo altri 100 di spese, comunque denominate od indicate, avremo un interesse effettivo apri al 15%.
Ebbene, proprio per un inquadramento adeguato delle situazioni e per rispondere ad esigenze di sostanza più che di forma, la Giurisprudenza ha conglobato nel computo del tasso di interesse anche tutte le spese che le banche pretendono in cambio del prestito iniziale.
L’obiettivo è quello di evitare che – sotto mentite spoglie di spese ed oneri varie – si possa pervenire ad un tasso esorbitante rispetto al tasso soglia, oltre il quale, ripetiamo, vi è usura.
C’è, poi, da valutare anche un altro fattore che contribuisce a far lievitare il costo del denaro ed è un fattore nascosto perchè visibile solo – per così dire – ad un occhio esperto: si tratta dell’anatocismo.
Letteralmente: interesse su interesse.
È un termine che appare di difficile comprensione perchè usato solo in ambiente tecnico ed, in sostanza, è il meccanismo in base al quale gli interessi vengono via via capitalizzati (ovvero vengono assommati al capitale e diventano essi stessi capitale) e su di essi si calcolano altri interessi.
Questo meccanismo è illecito ed è stato – anche recentemente – bollato dalla suprema Corte di Cassazione che ne ha sentenziato la illegittimità con conseguente diritto ad un ricalcolo delle somme del rapporto e relativo diritto alla restituzione.
Inoltre, tale meccanismo – già di per se illecito – contribuisce a far lievitare il tasso di interesse che può, dunque, sfociare nell’usura, ma vediamo, in concreto, come ciò avviene.
Mettiamo che alla somma di 1.000 venga imposto un tasso di interesse pari al 10%. Orbene, alla prima scadenza, con questo meccanismo avremo che la somma dovuta per interesse è pari a 100 (10% su 1.000 è, appunto, 100) ed essa viene sommata al capitale originario (1.000) e diventa 1.100.
Andando avanti nel tempo, succede che l’interesse (che come abbiamo visto è del 10%) viene calcolato sull’intera somma di 1100 e, così, ci troveremo, di fatto, che sulla quota aggiunta iniziale di 100 (ovvero gli interessi della prima scadenza) avremo il computo di altri interessi, ovvero altro 10%sull’originario 10%.
Questa somma dunque – oltre a non essere consentita per legge, genera, di per sé, un tasso superiore (di fatto, di volta in volta, doppio) rispetto a quello effettivamente sentito come reale dal debitore. Appare chiaro come questo meccanismo – che viene ripetuto nel tempo – genera interessi astronomici in maniera silenziosa e senza, si ripete, che il povero debitore ne abbia cognizione, nemmeno alla lontana.
Fermo quanto detto, un altro versante da tenere ben in considerazione è quello delle spese pretese che possono diventare illecite.
Non di rado, infatti, le banche pretendono delle somme e le chiamano con varia denominazione; ci sono ad esempio le Commissioni Massimo Scoperto (le CMS) che recentemente la Giurisprudenza della Cassazione ha stabilito essere illecite e, quindi, da restituire in favore dei debitori-correntisti.
Naturalmente, come detto sopra, queste spese – sommate agli interessi – possono concorrere al superamento del già citato tasso soglia, ovvero il tasso al di sopra del quale vi è usura.
Insomma ed in concreto, tre sono i bracci di queste possibili illiceità:
– Usura (che è il superamento del tasso soglia),
– Anatocismo (ovvero il calcolo degli interessi su interessi precedenti, che è illecito di per se e che, inoltre, può portare ad interessi usurai),
– Spese come le cosiddette Commissioni Massimo Scoperto (che sono anch’esse di per se illecite e che possono concorrere al superamento del tasso soglia).
Quel che viene facile individuare dopo un’analisi come questa è che bisogna correggere la percezione che ciascuno ha del sistema e del sistema bancario in particolare perchè – se è vero come è vero che le banche sono state ripetutamente condannate a restituire gli interessi ultralegali – non pare dubbio che, a volte, sono proprio le istituzioni a deludere e tradire le aspettative che un normale cittadino ripone in ciò che viene posto come ufficiale, in ciò che appare rispettabile ed integro e dal quale non si aspetta azioni illecite, illegittime e/o che non siano caratterizzate dal più alto grado di attendibilità e rispondenza alle norme.
Questo è il punto.
Naturalmente, sono analisi e verifiche che, in concreto e nella quotidianità di ciascuno degli utenti e dei lettori, è meglio lasciare agli avvocati e ai giuristi perchè è un campo in cui si è vista molta improvvisazione e non è raro il caso di gente che si è vista promettere ciò che non si poteva promettere ed in questo senso – oltre al consiglio naturale di incaricare professionisti di sicuro affidamento – crediamo che la base sia quella di farsi spiegare esattamente la eventuale analisi, le implicazioni e le prospettive, con tanto di numeri e di riscontri sulle evidenze documentali dei conti correnti e dei rapporti sottoposti al vaglio.
Tenere sempre presente, dunque, che la verifica rafforza la fiducia. Questa è la base di partenza in questo ambito come in tutte le cose della vita.