Imprenditoria Made in Italy

M&A Estero su Italia: un matrimonio che conviene

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L’Italia piace sempre di più agli investitori esteri. A quelli dei Paesi più sviluppati, ma anche dei Paesi emergenti. Il Forum del Comitato Leonardo sul Made in Italy e l’attrazione di capitali esteri

Molte aziende italiane, grandi e piccole, sono ancora diffidenti nei confronti dei capitali stranieri. Anche se, dati alla mano, sembra che per promuovere globalmente il Made in Italy la strada migliore sia proprio quella che porta fuori dai confini nazionali.
In aumento le operazioni di M&A (merger and acquisition) Estero su Italia: negli ultimi cinque anni è stata rilevata una crescita pari al 16,5%, e nel 2015 sono state registrate 201 operazioni per un controvalore di oltre 32 miliardi di euro. Si sono consolidati gli investitori abituali, Francia e USA, sta notevolmente aumentando l’interesse di nuovi Paesi, come Russia e Cina, e si stanno affacciando sul nostro mercato investitori provenienti da Medio-Oriente, Africa e Asia-Oceano Pacifico. Elementi emersi dalla ricerca condotta da KPMG e presentati durante il Forum “Dire. Fare. Attirare. Made in Italy e capitali esteri.”, organizzato dal Comitato Leonardo in collaborazione con ICE e Confindustria.

Secondo questa analisi l’ingresso di capitali esteri ha portato le aziende ad una crescita economica, dimensionale e della produttività. Ma non sono soltanto questi i motivi che potrebbero spingere un’impresa che finora ha operato in ambito nazionale ad accettare le avance di un investitore estero. In generale si può affermare che questa partnership potrebbe migliorare le capacità di fare business, in quanto amplia le prospettive, affina le conoscenze e il potenziale strategico. In sintesi, le differenze geografiche, linguistiche e culturali, che inizialmente possono rappresentare un ostacolo sul tavolo delle trattative e delle decisioni, si possono trasformare in opportunità di crescita e sviluppo. Inoltre, l’acquisizione di capitali stranieri può effettivamente contribuire al posizionamento di un brand a livello internazionale, moltiplicando la velocità di promozione di un prodotto o servizio made in Italy.

Il modello M&A come un grande strumento di crescita per le aziende italiane. Anche se non si può arrivare impreparati di fronte ad un potenziale partner straniero. È necessario sviluppare quella che viene definita la cultura delle operazioni straordinarie: oltre ad avere competenze specifiche sulle acquisizioni, essere predisposti alla gestione delle differenze culturali. Importante anche l’apertura al concetto di crescita esponenziale, tenendosi pronti alla possibilità di realizzare più operazioni consecutive. Inoltre, concentrarsi sulla selezione di un team dedicato all’M&A, e scegliere con attenzione il momento giusto per l’integrazione.

Ma non basta: in Italia sono ancora molte le imprese che stentano a decollare anche a causa del pregiudizio verso i capitali esteri. La paura ricorrente è quella di snaturare l’azienda con l’ingresso di un management appartenente ad una cultura troppo distante dalla nostra, perdendo l’essenza del Made in Italy per cui tanto si è lavorato, magari attraverso più generazioni. “Quando l’investitore viene da un settore diverso, è necessario comunicare tutto nella massima trasparenza” ha suggerito Stefano Sassi, A.D. Valentino. “Il modo di lavorare, i punti di forza, i progetti… In questo modo il team Valentino, nonostante l’investitore del Quatar (che non ha mai preteso di essere un esperto di fashion), è rimasto tutto italiano. C’è stato un rapporto dialettico molto vivace, ma sempre nel rispetto dei rispettivi ruoli.”

Da più versanti partono inviti alla sprovincializzazione in campo economico. Ma anche iniziative concrete.
“L’italianità è definita da dove l’azienda opera. Vogliamo la valorizzazione delle nostre eccellenze per farle diventare globali. Il nazionalismo economico porta effetti negativi” ha dichiarato il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che ha individuato nell’industria manifatturiera, turismo e cultura, e nel settore life science (biotecnologie, farmaceutica, dispositivi medici..) i principali poli di attrazione per gli investitori stranieri in Italia.
“Il mercato estero genera fatturato, produttività e occupazione” ha proseguito Michele Scannavini, Presidente dell’Agenzia ICE. “Ecco cosa sta facendo l’ICE: collocazione di desk informativi nelle principali piazze affari del mondo per attirare gli investitori ed incrementare l’interesse per le aziende del made in Italy. Comunicando in modo efficace cosa l’Italia può offrire all’estero, e cercando di orientare gli investitori nella complessità del sistema italiano.”

Luisa Todini, Presidente del Comitato Leonardo, ha sottolineato il valore delle testimonianze degli imprenditori che sono riusciti a far crescere le proprie aziende con l’apporto dei capitali esteri. “In un mondo globale, la cassa è globale” ha sintetizzato Todini. E dalle esperienze presentate sono emersi consigli utili non solo per le grandi aziende ma anche per le piccole imprese che potrebbero svilupparsi grazie al M&A. Come ha dichiarato Chiara Palmieri, A.D. Laprima Holding: “La mentalità dell’investitore estero è semplice. Cerca stabilità nell’azienda in cui investe, ma anche e soprattutto flessibilità, ossia la possibilità di uscire in modo semplice quando lo ritiene necessario”.

In pratica, il mercato italiano può risultare molto attraente per un investitore estero, ma a trattenerlo spesso sono le possibili difficoltà di “way out” in caso di fallimento dell’operazione. Quello che occorre è un sistema più fluido che renda più sereno e bendisposto il partner straniero. Anche la controparte italiana deve essere tranquillizzata: “In Italia l’imprenditore è molto geloso della sua azienda e del suo capitale. Si deve superare la paura dell’investitore straniero” continua Palmieri. “Inoltre, bisogna riconoscere che in questi casi occorre un manager capace: avere il coraggio, se serve, di uscire dal management e nominarne uno nuovo.”

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