Per uscire dalla crisi occupazionale c’è bisogno che lo Stato investa in formazione e riqualificazione professionale, invece la spesa si è dimezzata
Formazione e riqualificazione professionale devono essere posti in primo piano per fronteggiare la crisi occupazionale. Se ne è parlato il 18 marzo 2021 in occasione dell’evento dal titolo “A 20 anni dal Libro Bianco del Lavoro. L’attualità del pensiero di Marco Biagi nell’odierna crisi del lavoro” durante il quale è stata pubblicata una ricerca della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro dal titolo “Ripensare le politiche attive per superare la crisi e far ripartire il Paese” che analizza le performance delle politiche del lavoro e la composizione attuale della spesa a sostegno dell’occupazione.
Formazione e riqualificazione professionale per superare la crisi occupazionale
I Consulenti del Lavoro chiedono il riequilibrio delle percentuali di spesa in politiche attive e passive del lavoro e l’investimento in formazione e riqualificazione dell’offerta. Le motivazioni sono argomentate nella ricerca elaborata dalla Fondazione Studi CdL “Ripensare le politiche attive per superare la crisi e far ripartire il Paese” nella quale si legge: “Le politiche per il lavoro in Italia, per come sono organizzate, si presentano in larga parte inadeguate a fronteggiare l’emergenza occupazionale”.
In Italia si investe meno degli altri Paesi europei in politiche per il lavoro
I 26,9 miliardi di euro spesi nel 2018 per le politiche per il lavoro, secondo i dati recentemente resi disponibili dalla Commissione Europea, corrispondono all’1,53% del PIL e i tre quarti sono destinati al sostegno al reddito, fatto che penalizza i servizi per il lavoro che, già nel 2018, assorbivano solo l’1,4% del totale delle risorse destinate alle politiche per il lavoro a fronte del 31,4% della Germania, dell’8,9% della Francia e del 7% della Spagna. Questa differenza – spiegano gli analisti – rischia di condizionare tempi e qualità della ripresa occupazionale del nostro Paese nei prossimi mesi.
Gli investimenti in formazione e riqualificazione professionale
Oltre ad investire nei servizi di intermediazione – utilizzati nel 2019 dal 24,3% dei disoccupati per cercare lavoro – è fondamentale ripartire dalla formazione, soprattutto per gli adulti. In un Paese come l’Italia, caratterizzato da bassi livelli di istruzione e da una distanza strutturale tra domanda e offerta di competenze, le risorse destinate a questa voce di spesa sono state quasi dimezzate tra il 2008 e il 2018 con il rischio di compromettere le possibilità di reimpiego dei lavoratori più fragili sotto il profilo formativo, in un momento in cui cresce la domanda di competenze nuove, soprattutto in ambito tecnologico e digitale.
Il gap tra competenze richieste e competenze possedute
E chi ha necessità di sostegno al reddito è proprio chi ha un grado di istruzione più basso. La corrispondenza tra il grado d’istruzione e la necessità di ricorrere al sostegno al reddito è dimostrata anche dai risultati dell’analisi sulla platea dei potenziali beneficiari dell’Assegno di ricollocazione (il Reddito di Cittadinanza). Tra disoccupati involontari con i requisiti per la NASpI, suddivisi in quattro sottogruppi sulla base del loro reinserimento lavorativo e della durata del sostegno al reddito, prevale un basso livello d’istruzione, che supera il 58% tra i beneficiari dell’assegno di ricollocazione.
Formazione e riqualificazione professionale per aumentare l’occupabilità
Risulta determinante individuare i percorsi formativi più utili per aumentare l’occupabilità delle persone espulse dal mercato del lavoro e per questo le politiche attive per il lavoro risultano fondamentali per pensare a una ripresa organica dell’occupazione e, di conseguenza, dell’economia. “Ben venga allora l’apertura del Governo Draghi a investire sull’assegno di ricollocazione” afferma Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e del Comitato unitario delle professioni, “purché si tenga presente che la platea dei destinatari al momento comprende solo la metà dei disoccupati involontari”. Secondo Calderone è necessario incidere sulla qualità dell’offerta più che sull’incentivazione della domanda, attraverso formazione e riqualificazione professionale andando così a diminuire il divario tra posizioni ricercate e competenze disponibili.