Lavoro Opportunità

Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza

Il Report presentato dalla Fondazione studi Consulenti del lavoro in occasione del Festival del Lavoro “Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza”

A metà aprile 1,8 milioni di lavoratori ancora non lavoravano e 7,5 avevano subito un calo del reddito, queste le principali evidenze del Report sugli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza presentato in occasione del Festival del lavoro 2021 tenutosi il 28 e 29 aprile e organizzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e dalla sua Fondazione Studi.

Convinti di perdere il lavoro a breve
Stanchezza e preoccupazione per le incognite del prossimo futuro: questo il sentiment prevalente nei lavoratori italiani ad aprile 2021, intervistati dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro per il Rapporto “Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza”. Più della metà (56,7%) indica l’aumento dello stress e della fatica come il fattore che più ha caratterizzato la loro vita professionale nell’ultimo anno e solo il 14,3% si dichiara pronto a ripartire. A metà mese ci sono ancora 1,8 milione di occupati che non lavorano, perché interessati da sospensioni di attività o cassa integrazione e circa 1 milione tra dipendenti e autonomi è convinto di perdere il lavoro nei prossimi mesi (rispettivamente 620mila dipendenti e 400mila autonomi circa). A questo numero, si aggiungono 2,6 milioni di dipendenti che vedono a forte rischio il proprio futuro lavorativo sull’onda dello sblocco dei licenziamenti.

Salvaguardare il proprio futuro professionale
In questo scenario, più che investire sul proprio futuro professionale, anche attraverso nuovi obiettivi di formazione, la maggioranza degli intervistati si preoccupa di salvaguardare il proprio lavoro (32,4%) e di recuperare una dimensione di vita e di lavoro più “sostenibile” rispetto all’anno appena passato (28,8%). Un’Italia ancora in mezzo al guado, quindi – spiega la Fondazione studi consulenti del lavoro – che deve smaltire gli effetti della crisi (7,5 milioni di lavoratori segnalano riduzione del reddito) ma che al tempo stesso ha visto rivoluzionare modalità e contenuti del lavoro: cambiano i modelli organizzativi, cresce il valore riconosciuto alle competenze.

L’effetto sui redditi familiari
L’effetto sui redditi, pur attenuato dall’eccezionalità delle misure messe in campo tra Cassa integrazione, ristori e bonus, è stato comunque devastante. Circa 7,5 milioni di lavoratori (il 32,5%) ha visto diminuire il proprio reddito, il 10,8% per un importo superiore al 30%, in un quadro estremamente differenziato di situazioni, in cui emergono con evidenza le maggiori criticità degli autonomi: tra questi, il 53,5% segnala una riduzione delle entrate, che per più di un quarto (25,5%) è stata superiore al 30%.
Ancora più pesanti sono stati i riflessi sull’economia famigliare, giunta all’appuntamento con la crisi dopo un decennio di bassa crescita dei salari, che ha fatto lievitare le difficoltà delle famiglie dei lavoratori. In un anno in cui larga parte dei consumi – dal tempo libero, ai trasporti, alla cultura – è stato inaccessibile, il 56,1% dei lavoratori afferma di avere avuto problemi a far fronte alle spese famigliari: e se il 44,2% ha ridotto quelle non necessarie, il 16,7% ha invece dovuto tagliare consumi essenziali, come salute o alimentare.

Disuguaglianze in aumento
Aumentate le disuguaglianze nel mercato del lavoro: tra lavoratori protetti e non, tra profili ad alta e bassa qualificazione. E sono questi ultimi ad avvertire più forte il rischio di marginalizzazione, in un sistema in cui solo il 53,6% pensa di avere un profilo appetibile sul mercato – perché fortemente innovativo (27,7%) o specialistico (25,9%) – e chi (il 46% degli occupati) considera le proprie competenze inadeguate in quanto troppo generiche (24,1%) o obsolete (22,2%). Questa ammissione di debolezza preannuncia il rischio di autoesclusione dal mercato del lavoro nonché il forte disagio dei profili meno qualificati, i più profondamente colpiti dalle restrizioni e dalla contrazione del reddito.

Il commento del presidente della Fondazione
“Il Rapporto Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza conferma le marcate distinzioni che caratterizzano il mercato del lavoro, anche in termini di reattività alle condizioni esterne” ha commentato Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. “È ora di investire in modo strutturale sulle politiche attive del lavoro per riqualificare le competenze di tutti quei lavoratori che rischiano di essere espulsi dal mercato con la fine del blocco dei licenziamenti, a partire dai segmenti più fragili. Solo così si possono affrontare le criticità dei prossimi mesi e sfruttare al meglio le opportunità che si creeranno, se le scelte del PNRR saranno quelle giuste”.

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