Diritti Lavoro

Relazione Inps 2021 Lavoro e occupazione in Italia

Presentati il XX rapporto annuale Inps e la Relazione sulle attività dell’Istituto nel 2020, ecco i principali temi trattati relativi a lavoro e occupazione in Italia

Grazie al XX rapporto annuale Inps e alla Relazione collegata presentati dal presidente Pasquale Tridico alla Camera dei Deputati – alla presenza tra gli altri del vicepresidente della Camera, Andrea Mandelli, del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando e della Ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti – si è acceso il riflettore sulla situazione Lavoro e occupazione in Italia nel 2020.

Lavoro e occupazione in Italia nel 2020
Come ci si poteva aspettare, a causa della pandemia e delle misure collegate per attenuarne gli effetti sanitari, che hanno generato una crisi economica, il 2020 è stato caratterizzato da una brusca caduta del fabbisogno di lavoro, con una riduzione degli occupati del 2,8% ed un calo delle unità di lavoro del 7,1% e delle ore lavorate del 7,7%. Una parte degli occupati, se pur ridotta a seguito del blocco dei licenziamenti, ha perso il lavoro, ma molti hanno lavorato e guadagnato meno.
Il volume complessivo degli assicurati Inps, indicatore indiretto della totalità dei lavoratori regolari, non è diminuito nel 2020, attestandosi a 25.546 milioni, valore identico a quello del 2019. La pandemia non ha tanto ridotto il numero assoluto di assicurati quanto il numero medio di settimane di effettivo lavoro: dal valore di 42,9 settimane nel 2019 si è scesi a 40,1 nel 2020.

Il calo dei redditi da lavoro e occupazione in Italia nel 2020
In corrispondenza al calo di lavoro e occupazione in Italia nel 2020 si registra quello dei redditi da lavoro: l’imponibile previdenziale è diminuito di circa 33 miliardi, scendendo da 598 miliardi nel 2019 a 564 miliardi nel 2020 (-5,6%). In valore assoluto, la contrazione più rilevante è stata quella dei dipendenti privati (da 369 a 340 miliardi, -7,9%), mentre per gli autonomi il calo è stato pari al 6%.
Se consideriamo le retribuzioni individuali, la retribuzione media annua dei dipendenti è scesa da 24.140 euro nel 2019 a 23.091 euro nel 2020 (-4,3%, corrispondente a una perdita di oltre 1.000 euro), a seguito della riduzione media delle settimane lavorate. Questo accresce la polarizzazione all’interno del lavoro dipendente, se si tiene conto del fatto che le retribuzioni medie annue dei dipendenti occupati a tempo pieno e per tutto l’anno sono cresciute da 32.668 a 36.448 euro (+11,6%).

Gli ammortizzatori sociali, la Cassa integrazione
Per quanto concerne il problema lavoro e occupazione in Italia nel 2020 si sono dovuti utilizzare in modo eccezionale gli strumenti di sostegno al reddito. La Cassa Integrazione Guadagni ha aumentato di circa tredici volte le uscite con i provvedimenti in deroga passando da 1,4 nel 2019 a 18,7 miliardi nel 2020, a seguito dell’aumento del numero dei beneficiari, passati da 620.000 a 6,7 milioni, con un valore medio pro capite della prestazione pari a 2.788 euro. Fenomeno diffuso nell’insieme dei lavoratori, considerando che i dipendenti in cassa a zero ore, inizialmente pari alla metà nel primo lock-down (45% in aprile 2020) sono calati come incidenza al 9% (novembre 2020) fino a raggiungere il 7% (febbraio 2021). Il 43% delle imprese nel 2020 non ha mai usufruito di Cig, mentre il 18% solo nella prima fase di rigido lockdown, il 17% anche successivamente ma esaurendone l’uso nell’anno, mentre il 22% ha continuato a ricorrervi.

La necessità di una riforma per coprire tutto il mondo del lavoro e occupazione in Italia
L’erogazione degli ammortizzatori sociali è stata gestita nella quasi totalità dall’Inps che, già nel 2020, ha implementato innovazioni per semplificare le procedure di accesso e lavorazione. A breve verrà attivata la nuova piattaforma per l’accesso unico alla Cig che consente una domanda unificata di cassa per tutte le tipologie esistenti.
L’ampia adozione di Cig, in particolare in deroga, ha frenato il crollo dei redditi: dai dati dell’imponibile contributivo, Inps rileva che in assenza del sostegno derivante dagli ammortizzatori sociali l’imponibile contributivo mediano per i lavoratori coinvolti in Cig-Covid sarebbe diminuito del 60%; grazie alla Cig, la perdita si è ridotta al 33%. La Cig è però misura troppo frammentata legislativamente e non copre automaticamente un’ampia fetta del mondo lavorativo non dipendente, come ha messo in evidenza lo shock pandemico. Emerge dunque la reale ed urgente esigenza di una riforma, non solo in ottica di semplificazione ma anche in direzione di maggiore universalismo. Un primo passo viene fatto con l’introduzione dell’Iscro per i lavoratori autonomi.

La disuguaglianza dei redditi da lavoro e occupazione in Italia
Mentre le analisi Inps illustrano come la disuguaglianza nei redditi annuali sia cresciuta di quasi il 50% negli ultimi 30 anni, e la disuguaglianza salariale raddoppiata, è evidente un inesorabile aumento della precarizzazione del lavoro che richiede maggiori protezioni ed equità. In questa direzione andrebbe l’inserimento di un salario minimo, che avrebbe un effetto non solo di contrasto alla povertà ma anche di stimolo ai consumi e alla crescita, oltre ad un effetto positivo sui saldi di finanza pubblica. Si stima un aumento del gettito di 3 miliardi con un salario minimo a 9 euro.

Lavoro e occupazione in Italia, Redditi e pensioni di cittadinanza
Inequivocabile l’efficacia nel contrasto alla povertà e inclusione sociale apportato dal Reddito/Pensione di Cittadinanza, soprattutto nel 2020, diventando un fattore determinante per 1,8 milioni di famiglie contro un impatto ancor peggiore dalla crisi. Sono 3,7 i milioni di individui, di cui un quarto minori, che hanno beneficiato della misura in quanto membri di un nucleo percettore, che in media ha ricevuto 552 euro al mese per nucleo familiare.
La occupabilità dei percettori di Reddito di cittadinanza purtroppo è molto scarsa. Un gran numero di percettori di reddito o pensione di cittadinanza – una misura la cui erogazione è pari in media a 552 euro per intero nucleo familiare – è costituito da minori (1.350.000), disabili (450.000), persone con difficoltà fisiche o psichiche non percettori di pensioni di invalidità, oltre a circa 200.000 percettori di pensione di cittadinanza. Soprattutto per essi la misura è stata un’àncora di salvataggio, uno strumento di inclusione sociale prima di tutto, una leva contro la regressione nella povertà assoluta.
I dati Inps, incrociati con ulteriori indicatori di disagio economico locale, dimostrano che l’incidenza del Reddito di cittadinanza aumenta con il crescere dello svantaggio economico e si riduce al migliorare delle condizioni del mercato del lavoro, evidenziando che la distribuzione territoriale del beneficio è condizionata principalmente da fattori socioeconomici.

Lavoro e occupazione in Italia nel 2020. NASpI
I dati sulla NASpI non mostrano una tendenza negativa rispetto al 2019 in quanto il blocco dei licenziamenti ha ridotto gli ingressi nella condizione di disoccupazione: rispetto al 2019 i beneficiari a seguito di licenziamento, che nel 2019 erano 811.000, sono divenuti 654.000, mentre è aumentata leggermente la componente proveniente dai cessati nei contratti a termine (da 1.656.000 a 1.723.000).

Le pensioni, un caso esemplare di disparità di genere
Al 31 dicembre 2020, i pensionati italiani erano pari a circa 16 milioni, di cui il 7,7% uomini e l’8,3% donne. Nonostante le donne pensionate siano la maggioranza, le pensioni medie mensili degli uomini (pari a 1.897 euro) superano significativamente quelle delle donne (pari a 1.365). Il divario retributivo a livello territoriale si riflette nel dato pensionistico: le pensioni medie al Centro-Nord superano di poco i 1.700 euro, mentre quelle al Sud e Isole sono pari a 1.400 euro. Le prestazioni previdenziali rappresentano l’81% del totale e quelle assistenziali il 19%. La categoria più numerosa è rappresentata dalle pensioni di anzianità/anticipate con il 30,9% del totale, seguita da quella delle pensioni di vecchiaia con il 24,5% e dalle pensioni ai superstiti con il 20,5%; le prestazioni agli invalidi civili sono il 15,3% del totale; le prestazioni di invalidità previdenziale e le pensioni/assegni sociali sono rispettivamente il 5% e il 3,9%.

Quota100
La misura sperimentale e triennale di Quota 100 ha permesso il pensionamento anticipato di 180.000 uomini e 73.000 donne nel primo biennio 2019-20. Dall’analisi del take-up di Quota 100 emerge che la misura è stata utilizzata prevalentemente da uomini, con redditi medio-alti e con una incidenza percentuale maggiore nel settore pubblico. Se ci si limita invece ai dipendenti del settore privato, oltre al genere e al reddito, assume un ruolo chiave anche la salute negli ultimi anni di carriera. Rispetto agli impatti occupazionali attraverso la sostituzione dei pensionati in Quota 100 con lavoratori giovani, un’analisi condotta su dati di impresa non mostra evidenza chiara di uno stimolo a maggiori assunzioni derivante dall’anticipo pensionistico.

Opzione Donna
L’opzione Donna ha permesso circa 35.000 pensionamenti nel primo biennio 2019-20. Dall’analisi di un campione di donne con i requisiti per l’adesione a questo canale di pensionamento, emerge che hanno scelto l’Opzione prevalentemente soggetti con redditi bassi, a volte silenti, ovvero senza versamenti contributivi nell’anno antecedente al pensionamento. Anche limitandosi al solo settore privato, il reddito basso si conferma essere la determinante più significativa per questa scelta.

Tre proposte di revisione del sistema pensionistico
Nel XX Rapporto annuale Inps si approfondiscono tre proposte:

  • la proposta di consentire il pensionamento anticipato con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età;
  • l’opzione al calcolo contributivo con 64 anni di età e 36 di contributi;
  • un’opzione di anticipo della sola quota contributiva della pensione a 63 anni, rimanendo ferma a 67 la quota retributiva.

Dall’approfondimento emerge che la prima proposta è la più costosa, partendo da 4,3 miliardi di euro nel 2022 e arrivando a 9,2 miliardi a fine decennio, pari allo 0,4% del prodotto interno lordo. La seconda è meno onerosa, costando inizialmente 1,2 miliardi, con un picco di 4,7 miliardi nel 2027, e per questo più equa in termini intergenerazionali, con risparmi già poco prima del 2035, per effetto della minor quota di pensione dovuta all’anticipo ma soprattutto per i risparmi generati dal calcolo contributivo. Nell’ultima proposta analizzata si garantisce flessibilità per la componente contributiva dell’assegno pensionistico con costi molto più bassi per il sistema: l’impegno di spesa parte da meno di 500 milioni nel 2022 e raggiungerebbe il massimo costo nel 2029 con 2,4 miliardi di euro. Nel lungo periodo le proposte portano a una riduzione della spesa pensionistica rispetto alla normativa vigente, ma con impatti chiaramente differenti e diversa sostenibilità sui conti pubblici.

Lavoro e occupazione in Italia nel 2020, focus sugli effetti della pandemia
Insieme al XX Rapporto annuale Inps, la Relazione traccia un bilancio di ciò che l’Istituto ha fatto nel 2020 e analizza non solo gli effetti di questo anno attraversato dalla pandemia sulla flessione della produzione e dell’occupazione ma anche l’attivazione delle risposte da parte del Legislatore, implementate dall’Inps, che hanno attutito l’impatto della crisi.
L’intenso impegno delle strutture per erogare correttamente i sostegni a milioni di nuovi utenti, oltre a quelli “ordinariamente” serviti, ha generato un profilo nuovo per l’Istituto avviando una concreta strategia di innovazione basata su nuovi paradigmi tecnologici e organizzativi.

Gli interventi dell’Inps ai tempi del Covid
Il ruolo dell’Inps durante la fase emergenziale è stato fondamentale per l’attuazione dei provvedimenti emanati dal Legislatore per attenuare gli effetti economici e sociali della pandemia. Gli interventi messi in atto dall’Istituto nel periodo dell’emergenza Covid hanno raggiunto oltre 15 milioni di beneficiari e circa 20 milioni di individui, per una spesa complessiva di 44,5 miliardi di euro.

In particolare, ad oggi, tramite l’Istituto, hanno ricevuto misure per emergenza Covid:

  • 4 milioni e 300mila lavoratori autonomi, professionisti, stagionali, agricoli, lavoratori del turismo e dello spettacolo;
  • 6 milioni e 700mila lavoratori dipendenti beneficiari delle integrazioni salariali, che hanno ricevuto in totale oltre 32 mln pagamenti di indennità, per una spesa complessiva pari a 23,8 miliardi (18,7 miliardi nel 2020);
  • 210mila disoccupati che hanno fruito del prolungamento del trattamento di disoccupazione (NASpI);
  • 515mila nuclei familiari ai quali è stata assicurata l’estensione dei congedi dal lavoro per favorire la conciliazione dell’attività lavorativa con le esigenze familiari e di cura;
  • 850mila nuclei familiari che hanno fruito del bonus baby-sitting;
  • 722mila famiglie con gravi difficoltà economiche alle quali è stato erogato il Reddito emergenziale (REm);
  • 216mila bonus per lavoratori domestici;
  • 1 milione e 800mila nuclei familiari (circa 3,7 milioni di individui) che hanno beneficiato del Reddito di cittadinanza o della Pensione di cittadinanza, che, nel corso della pandemia, ha costituito un potente strumento di sostegno del reddito nei confronti delle fasce più bisognose della popolazione e, al contempo, ha contribuito a ridurre il rischio di tensioni sociali.

 

Potrebbe interessarti