Diritti Lavoro

Contrattazione collettiva e crisi dei salari

Un convegno organizzato da Inapp e Università del Sannio sulla crisi dei salari mette in luce come la contrattazione collettiva cresca ma…

… ma solo il 4% delle imprese applica il secondo livello di contrattazione collettiva, quello creato appositamente a integrazione del primo per aiutare proprio le singole aziende ad adeguare le proprie necessità a quelle del singolo assunto. Sarebbe utile, economico e soddisfacente sia per la persona assunta sia per l’impresa applicare la contrattazione collettiva di secondo livello eppure forse per ignoranza sono in pochissimi ad approfittarne.

Il convegno
Il convegno dal titolo “Crisi dei salari e pressioni sul modello retributivo” si è tenuto il 23 gennaio 2024 a Benevento e online. Organizzato dall’Inapp in collaborazione con l’Università degli Studi del Sannio, l’evento ha fatto il punto sullo “stato di salute” della contrattazione collettiva mettendo a confronti i diritti dei lavoratori con quelli dei datori per comprendere meglio i punti di debolezza e di forza di entrambe le parti e, soprattutto, trovare i punti di incontro, in cui gli interessi coincidenti possano essere posti al centro per costruire un futuro più equo e responsabile. Al convegno hanno partecipato i rappresentanti dei sindacati, i rappresentanti dell’ateneo (dal rettore ai docenti agli studenti) e i rappresentanti dell’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche.

Introduzione del salario minimo
“Si è molto discusso nel nostro Paese dell’introduzione di un salario minimo ma il timore di alcuni è che una volta stabilito un minimo per legge le imprese si limitino a pagare quel minimo, abbandonando il contratto collettivo, oppure che, se stabilito a un livello troppo elevato, renda inutili i contratti collettivi” ha detto Sebastiano Fadda, presidente Inapp. “Tali timori non hanno fondamento. Come sempre, sta alla forza sindacale contrattare i livelli del salario reale, ma non sarà mai possibile scendere al di sotto della soglia minima stabilita per legge. Un salario minimo per legge non deve essere considerato alternativo o addirittura dannoso per la contrattazione collettiva. I due sistemi possono convivere e rafforzarsi a vicenda, stabilendo dei parametri oggettivi che abbiano il fine di tutelare tutti i lavoratori, nessuno escluso”.

La contrattazione collettiva e il tassello inapplicato
Negli ultimi 4 anni le aziende che hanno aderito al CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro) sono passate dal 75% all’87% ma l’applicazione del secondo livello è praticamente ferma al 4%.
I dati sulla contrattazione collettiva sono stati analizzati a seguito dell’indagine Rilevazione Imprese e lavoro – RIL, effettuata su un campione di circa 30mila imprese, rappresentativo del tessuto produttivo italiano, indagine che viene condotta periodicamente dall’Inapp. Essa offre una panoramica della diffusione della contrattazione collettiva di primo e secondo livello tra le imprese italiane. Le ultime due rilevazioni (2018 e 2022) suggeriscono che la quota di imprese con almeno un dipendente che hanno aderito al CCNL è aumentata del 12% circa, un dato che nasconde tuttavia profonde eterogeneità rispetto al settore, alla dimensione e alla localizzazione geografica dell’impresa.

Differenze di applicazione contrattuale
Ben il 98% delle grandi imprese, con più di 250 dipendenti, applica la contrattazione collettiva mentre le piccole, con meno di 10 impiegati, la applicano nell’84% dei casi, inoltre tra le imprese del Nord la quota di quelle che adottano la contrattazione collettiva nazionale è pari all’88% mentre tra quelle del Sud e delle isole scende all’86%.
Guardando poi alla contrattazione di secondo livello, la situazione è peggiore: la quota di imprese che dichiara di applicarla si aggira intorno al 3,5% nel 2018 e solo al 4% nel 2022, un aumento minimo probabilmente a seguito di politiche soft di promozione del decentramento della contrattazione collettiva, cioè politiche che incentivano la diffusione autonoma dello stesso secondo livello attraverso la leva economica.

Dimensioni d’impresa e contrattazione collettiva di secondo livello
“Grandi dimensioni d’impresa e sindacalizzazione della forza lavoro sono determinanti positive della copertura della contrattazione collettiva sia di primo che di secondo livello” ha sottolineato Sebastiano Fadda. “La probabilità di applicare un contratto di secondo livello aumenta tra il 10 e il 14% se in impresa vi è una rappresentanza sindacale. È pur tuttavia vero che oggi i sindacati riescono a coprire soprattutto i lavoratori strutturati delle grandi imprese (e anche questi  non sempre con efficacia per quanto riguarda l’andamento dei salari reali) ma non dobbiamo dimenticare che c’è una ‘realtà parallela’ che sfugge alla rappresentanza sindacale a causa della polverizzazione delle attività lavorative: basti ricordare i tanti lavoratori atipici, a tempo, impegnati nella gig economy, che compongono di fatto quel grande filone di working poor e che non hanno rappresentanza. Cosa si può fare per loro?”

Salario minimo e contrattazione collettiva
Per dissolvere i dubbi di chi teme ripercussioni sulla contrattazione collettiva in caso venga stabilito un salario minimo per legge, Fadda chiarisce: “non sarebbe un salario sostituivo dei salari definiti dalla contrattazione collettiva, ma semplicemente una soglia minima invalicabile al di sotto della quale le retribuzioni non possono scendere, ci sia o non ci sia contrattazione collettiva. Attraverso quest’ultima le organizzazioni sindacali possono dispiegare tutta la loro forza per raggiungere livelli salariali più alti. Quindi i due sistemi (salario minimo e contrattazione collettiva) possono convivere e rafforzarsi a vicenda, stabilendo dei parametri oggettivi che abbiano il fine di tutelare tutti i lavoratori, nessuno escluso”.

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