In occasione dell’apertura della filiale romana della BPC si è tenuto un workshop condotto da Bruno Vespa sul ruolo delle banche di territorio
In Campidoglio, il 26 gennaio 2024, in occasione dell’open day organizzato dalla BPC (Banca popolare di Cassino) per l’inaugurazione della sua prima filiale a Roma, si sono incontrati alcuni dei principali esponenti del mondo bancario per discutere sul ruolo delle banche di territorio, le piccole banche che svolgono una funzione integrativa rispetto alle migliaia di sportelli aperti dalle grandi banche che però escludono i luoghi che ritengono di “minor appeal” economico.
Istituzioni a confronto
Hanno partecipato in qualità di relatori l’economista Carlo Cottarelli, il vicedirettore generale vicario dell’ABI (Associazione bancaria italiana) Gianfranco Torriero, il segretario generale dell’Associazione nazionale fra le banche popolari Giuseppe De Lucia Lumeno, il vicepresidente di Confindustria Maurizio Stirpe, il giornalista già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta, la Rettrice dell’Università Sapienza Antonella Polimeni e la docente di economia aziendale e business plan Rosa Lombardi, il presidente della BPC Vincenzo Formisano.
Ad aprire la discussione i saluti del Sindaco di Roma Roberto Gualtieri il quale si è mostrato lieto “per l’opportunità di confronto su un tema importantissimo: il ruolo delle piccole banche, le banche di territorio, per una sana diversità del sistema bancario”. Il Sindaco ha sottolineato che queste devono rispettare le regole come tutte le banche del sistema, avere la capacità finanziaria richiesta ma anche aderire maggiormente al territorio svolgendo una funzione complementare alle grandi istituzioni: “io auspico una integrazione sovranazionale delle banche europee che sappia valorizzare la natura e la specificità delle piccole banche”.
Desertificazione bancaria
Bruno Vespa ha aperto la discussione mettendo sul piatto l’argomento della cosiddetta desertificazione bancaria, ovvero il fatto che oggigiorno molti Comuni italiani sono ancora privi di uno sportello bancario. Si tratta di vuoti lasciati dalle grandi banche in molti territori giudicati di scarsa attrattività ma che devono essere colmati per una questione, se così la vogliamo definire, di giustizia sociale. Per spiegare la situazione che si è venuta a creare, l’economista Cottarelli ha accennato alla storia dello sviluppo bancario a partire dal 2008, ovvero quando la redditività delle grandi banche era nettamente superiore a quella delle piccole banche e pertanto il mercato finanziario era tutto nelle loro mani. Col tempo però si scoprì che le grandi banche erano anche quelle che si stavano esponendo ai rischi più elevati. Con l’intervento della regolamentazione bancaria si ebbe un livellamento dei profitti e un allineamento tra quelli delle piccole e delle grandi banche. “Oggi c’è spazio per tutte. E le banche di territorio hanno anche un vantaggio: quello del contatto diretto con le persone. Chi risponde al telefono, ad esempio, è un impiegato della banca e non un call center o un computer, che le grandi banche si sono abituate dall’introduzione dei processi di digitalizzazione. Allo stesso tempo le piccole banche di territorio hanno uno svantaggio rispetto alle grandi, che consiste nell’affrontare la burocrazia, in quanto la normativa in vigore prevede la produzione di documenti su documenti, tonnellate di carta che una grande banca può produrre con più facilità”.
Algoritmi e spersonalizzazione
Sulla capacità di creare e gestire rapporti personali si è soffermato anche Gianni Letta, poiché le banche di territorio riescono sia a evitare quella spersonalizzazione dei rapporti che disorienta i clienti, sia a rispettare le esigenze di credito delle persone poiché si riesce a giudicare meglio la capacità di restituzione del debito da parte di clienti che si conoscono personalmente. Inoltre – ha aggiunto Letta – le piccole banche alimentano, oltre all’economia del territorio, la cultura locale. Dunque il ruolo delle banche territoriali diviene centrale – come ha sottolineato il vicepresidente di Confindustria – perché non si basa sulla valutazione di freddi numeri, di algoritmi, ma sulle persone che stanno dietro questi numeri e sullo sviluppo territoriale. “Le grandi banche” ha evidenziato Stirpe “non guardano ai singoli progetti ma all’andamento generale di un settore: se un’impresa del settore automobilistico ad esempio va a chiedere un prestito nel momento in cui quel settore sta andando male, la risposta sarà no, a prescindere dalla validità del progetto che ha presentato. Inoltre le grandi banche non comprendono il territorio in cui si vuol attuare quel progetto e il motivo per il quale è stato pensato di realizzarlo proprio lì. Dunque il ruolo delle banche territoriali è centrale bella valutazione degli uomini, delle imprese e dei progetti”.
Una sana competizione
Piccole banche di territorio e grandi banche devono vivere insieme in sana competizione. Lo ha affermato Gianfranco Torriero, vicedirettore dell’ABI, associazione che rappresenta tutte le banche (al contrario di altri Paesi europei, dove esistono divisioni di rappresentanza bancaria). Il sistema bancario segue regole uguali per tutte, regole che permettono di allargare il numero degli istituti di credito, soprattutto considerando che sono aumentate le esigenze della popolazione. Basti pensare che nel 2008 venivano eseguite 3,8 milioni di operazioni bancarie, oggi se ne eseguono 12 miliardi. Purtroppo esistono alcune aree interne del Paese non coperte dagli sportelli bancari e dunque “dobbiamo creare le condizioni per rendere attrattive queste aree, sia per gli investimenti interni sia per quelli dall’estero”.
Restituire al territorio
Giuseppe De Lucia Lumeno ha posto l’accento sul fatto che le banche di territorio hanno l’obbligo di legge di restituire al territorio parte dei propri profitti e lo fanno svolgendo attività benefica nei confronti delle arti e della cultura, della sanità locale, di progetti associazionistici. Insomma non si occupano solo di progetti presentati dalle singole imprese ma, conoscendo il proprio territorio, riescono a comprenderne le necessità più generali”. Le banche di territorio hanno dunque un ruolo nello sviluppo generale della località e, allargando la visione, del Paese tutto. C’è purtroppo una massificazione di giudizi presi sulla base di mode e tendenze, senza approfondire. La conoscenza del territorio si attua anche attraverso la conoscenza diretta delle persone che si effettua grazie al personale della banca, assunto nelle località dove sorgono le filiali. Comprese quelle delle grandi banche ma negli ultimi anni si è preferito chiudere gli sportelli nei paesi con meno abitanti e lasciare le decisioni a un’analisi dei dati basata su algoritmi, senza considerare le caratteristiche dei singoli territori. Per questo è necessario un pluralismo di offerta, soprattutto per quei luoghi dove le banche di territorio suppliscono a tali mancanze di rapporti umani, non “algoritmici”. E riescono pertanto a prosperare, più e meglio delle grandi banche.
Un esempio di banca di territorio: la BPC
Il presidente della Banca popolare del Cassinate, Vincenzo Formisano, lo ha dichiarato subito rispondendo alla provocazione di Vespa (“ho chiesto a un direttore di banca se avrebbe dato soldi a chi non ne aveva per realizzare un’ottima idea e mi ha risposto no: anche lei risponderebbe così?”): “Una banca è sempre un’impresa. E se è un’impresa deve sapersi mettere nei panni dell’imprenditore e saperne valutare idee e progetti. Noi abbiamo un fondo per erogare denaro – a tasso zero – a chi ha una buona idea, un bel progetto, ma non ha né soldi per attuarlo né garanzie. Il fondo è nato 12 anni fa e premia le buone idee”. Formisano sottolinea poi il senso di responsabilità etica che deve avere una banca, anche se piccola: “noi amministriamo 1,5 miliardi di euro, pochi rispetto a quelli amministrati dalle grandi banche, ma non sono soldi nostri, ne abbiamo la responsabilità e dobbiamo anche pensare che questo importo ha un grosso impatto sul territorio. Etica, educazione finanziaria, vanno praticati nel nostro lavoro quotidiano poiché abbiamo anche una responsabilità sociale. La nostra accezione di valore è restituire al territorio quel che ci ha dato. E dobbiamo essere trasparenti, parlare chiaro evitando tecnicismi e parole inglesi. Ovviamente la banca, essendo un’impresa, deve distribuire dividendi ai propri soci, anche in questo senso parliamo di redistribuzione della ricchezza: noi siamo le banche del poco a molti e non del molto a pochi”.
Il nuovo sportello romano della BPC
L’evento è stato realizzato in occasione dell’apertura della nuova filiale, la prima a Roma, della Banca popolare del Cassinate. In un edificio risalente ai primi del Novecento del quartiere Parioli, questa banca di territorio vuol portare nella Capitale la propria esperienza di un modo di fare affari che ha praticato fin dalla sua istituzione 68 anni fa (il 5 febbraio 1955) e che si basa sui principi dei quali si è parlato nell’incontro al Campidoglio: le relazioni personali con soci e clienti, con gli stakeholders, che permettono di guardare oltre i freddi numeri, alle storie delle persone, alla loro voglia di fare impresa, di costruirsi un futuro. “Perché dietro ad ogni conto corrente, dietro ad ogni prestito o finanziamento, c’è un mondo di aspettative, di sacrifici, di audacia, di tenacia, di voglia di fare e di costruire”.