COMUNICAZIONE

Donne a tutta birra

bazzoffia

“Nata con l’uomo e per l’uomo” come indicava un celebre slogan degli anni ’30 oggi sono le donne le protagoniste della nuova campagna pubblicitaria di Assobirra “Birra io t’adoro”, scopriamo insieme il perché…

di Americo Bazzoffia, libero docente universitario e consulente in comunicazione strategica integrata

pubblicita-birraL’incontro tra i produttori di birra e la pubblicità ha quasi 90 anni di storia. “Birra, io t’adoro”, la nuova campagna di Assobirra (Associazione degli Industriali della Birra e del Malto), è solo l’ultima campagna pubblicitaria di uno storico caleidoscopio di slogan e di personaggi che in passato hanno accompagnato l’evolversi degli stili di vita raccontando la birra e i suoi plus agli italiani. Queste pubblicità hanno attraversato il cambiamento delle mode, dei modelli di consumo, dei modelli sociali e familiari, e l’evoluzione del Paese (da nazione agricola a moderna potenza mondiale industriale ed economica). Queste campagne pubblicitarie hanno trovato sempre linguaggi aggiornati ed accattivanti, canali di comunicazione al passo con i tempi e ci hanno lasciato slogan e volti in eredità che sono rimasti nella storia della comunicazione (e soprattutto nell’immaginario collettivo) in virtù dei grandi personaggi del jet-set italiano e internazionale, che ne sono stati testimonial come Fred Buscaglione e Anita Ekberg, Mina, Tognazzi fino a Renzo Arbore.

È datata 1929 la prima campagna collettiva della birra con il fortunatissimo – e inossidabile “Chi beve birra campa cent’anni”. L’headline recitava, testualmente: “Bevetela durante i pasti. Facilmente digeribile, contenente sostanze toniche e nutrienti, la birra è indicata durante i pasti, anche per le donne, vecchi e bambini. Assicura sonni tranquilli e umore lieto”. Oggi sarebbe vietato un testo del genere nella pubblicità , ma nel 1929 lo slogan “Chi beve birra campa 100 anni” ebbe un grande successo e divenne anche un modo di dire diffuso e comunemente citato. Questo slogan venne lanciato in Italia dall’Unione degli industriali della birra nel 1929 dopo l’entrata in vigore di una tassa straordinaria adottata dal regime fascista durante la battaglia del grano. I mastri birrai dell’epoca si trovarono costretti a lanciare questo messaggio pubblicitario per aumentare il consumo di birra nel nostro Paese. Seguirono altri annunci, dove al contrario del posizionamento attuale, la birra vuole assumere una valenza più virile e mascolina, nasce così lo slogan “Nata con l’uomo e per l’uomo”.

Per tutti gli anni Cinquanta la birra veniva consumata esclusivamente da marzo a settembre, e veniva inserita mentalmente fra le comuni bevande dissetanti, come le bibite gassate, e come tale consumata al banco.
Fondamentale per la promozione e diffusione della bevanda fu la rifondazione di un’associazione di categoria dei produttori, dopo la conversione corporativa del ventennio.
Una delle prime iniziative fu la campagna pubblicitaria collettiva del 1958 che, per divulgare la birra e convincere gli italiani a berla, utilizza tutti gli strumenti pubblicitari dell’epoca. In questi anni, agli esordi del Boom economico, però forse, più che la televisione, poté il mitico “camion bar”, che arrivava con gran clamore nei paesi parcheggiando nelle piazze principali e nelle vie del Corso, offrendo a tutti un calice di birra in assaggio gratuito. Dopo la bevuta gratis, qualcuno spiegava di cosa si trattava, a cosa serviva, come era fatta. A volte veniva proiettato un breve filmato dall’evocativo titolo “Il fiume d’oro” e allora lo stupore per questi piccoli ed improvvisati “cinema all’aperto” era ancora più grande. Passato il camion, dopo qualche giorno, ovviamente i bar venivano puntualmente riforniti di birra.

buscaglioneMa è nel 1959, nei primi anni di Carosello – forma unica e straordinaria di comunicazione d’impresa made in Italy – che i produttori di birra associati stringono un rapporto indissolubile con la TV per promuovere questa bevanda. È l’inizio di una storia che porterà a diversi famosi testimonial a prestare volto e voce a questa bevanda. Tra i più celebri ricordiamo Fred Buscaglione e la prorompente bionda Anita Ekberg, dove al posto del classica esclamazione “Che bambola!” il cantante torinese sostituisce nel Carosello: “Che birra!”; così, grazie alla splendida attrice svedese, l’Italia del boom economico scopre un prodotto praticamente “nuovo” per il nostro Paese: la birra chiara. È un prodotto che come si sarà compreso si rivolge ancora ad un pubblico prevalentemente maschile e forse viene da chiedersi se non maschilista.
Nei Caroselli degli anni successivi la birra canta “Amado mio” assieme a Mina in una versione che ricorda la prorompente e sensuale Rita Hayworth (1961-64), mentre sui manifesti i produttori di birra ci esortano a berla non stando tanto a sottilizzare con l’esortazione ‘lievemente allusiva’: “bionda o bruna, basta che sia birra”.

bionda-o-bruna
E anche quando un sornione e simpatico Ugo Tognazzi (1964-65) ci spiega dalla tv come realizzare un “birrelax”, nome che sembra uscito dalla migliore commedia dell’arte, l’allusione o la presenza femminile è sempre in qualche modo legato a quel mondo maschile che di lì a poco sarà travolto dal ’68 e dalla rivoluzione femminile.

minatognazzi

Dopo il grande balzo degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta, scoppia, inaspettata, la congiuntura, che coinvolge anche il settore birrario. Ma come sempre, anche in piena crisi, la birra continua a parlare e a far parlare di sé. Risale all’inverno 1976 una campagna pubblicitaria collettiva dall’evocativa headline “Le seti nascoste dell’inverno”, per promuovere la destagionalizzazione del prodotto. In questa fase, la comunicazione verte sul problema dei coloranti nelle bibite, ritenuti altamente cancerogeni. I produttori di birra dovevano chiarire, una volta per tutte che la bevanda d’orzo non aveva nessun tipo di colorante. E sulle virtù della birra invitava a “meditare” con il carismatico Renzo Arbore sussurrando il suo celebre “Birra… e sai cosa bevi” dando vita al celebre tormentone entrato ormai nelle gergo comune.

Trent’anni fa era Renzo Arbore il protagonista della storica campagna Assobirra, ultimo di una serie di personaggi che in qualche modo declinavano al maschile il piacere di bere birra. Oggi sono le donne testimonial e al contempo il target di questa nuova campagna pubblicitaria collettiva dei produttori di birra. Come mai questa radicale inversione di tendenza? In realtà nella storia di consumi la Birra non è il solo prodotto che, nato inizialmente per un pubblico di un determinato sesso, progressivamente si rivolge prevalentemente al sesso opposto. Ciò è avvenuto già per le sigarette Marlboro e per gli orologi da polso: nati inizialmente per le donne, sono diventati progressivamente beni sempre più accettati e acquistati dagli uomini.
Nel caso della birra il processo sociale (e di marketing) che sembrerebbe si stia compiendo è opposto. Infatti, non tutti sanno che il mercato di questa bevanda oggi è molto cambiato, e l’Italia è il Paese con il più alto numero di consumatrici di birra in Europa (6 su 10), pur mantenendo il minor consumo pro capite (solo 14 litri) e un approccio a questa bevanda nel segno della moderazione e del consumo a pasto. Particolarmente interessante è quanto rivela l’indagine Doxa-Assobirra, secondo cui oggi esiste in Italia una generazione che non si era mai vista di “Donne che amano la birra”: sono le giovani tra i 18 e i 35 anni, quasi 7 milioni di ragazze, le protagoniste di questo cambiamento epocale nel consumo della birra.

birra-adoroLa birra bevanda mascolina, nata come abbiamo avuto modo di ricordare “con l’uomo e per l’uomo”, sta diventando una bevanda particolarmente apprezzata dalle donne.
Nel 2015, Assobirra asseconda questa passione dedicando proprio alle donne la campagna pubblicitaria “Birra, io t’adoro” che mette al centro del messaggio le donne e il loro rapporto con la birra. C’è da dire che, rispetto agli esempi del passato, la protagonista di “Birra, io t’adoro” è una donna moderna, emancipata, indipendente, ironica, impegnata, libera, che anche nella vita frenetica di tutti i giorni riesce a ritagliarsi dei momenti di piacere e socialità in cui il gusto della birra ne diventa – almeno secondo le intenzioni dei committenti della campagna pubblicitaria – il suo naturale complemento.

Potrebbe interessarti