Lavoro Mestieri e professioni

Donne macchiniste, un riscatto professionale femminile

Il lungo tragitto normativo, contrattuale e lavorativo che ha portato le donne alla conduzione dei treni, che ora possono dichiararsi donne macchiniste

La sfida delle donne macchiniste
Il ruolo delle donne all’interno del comparto dei trasporti, in particolare nel settore ferroviario, ha visto un incremento del loro numero negli ultimi anni grazie ad una rinnovata visione del lavoro femminile sia da parte delle imprese ma soprattutto da parte delle donne stesse. Fino a pochi decenni fa alcune professioni ed alcuni mestieri erano preclusi alle donne sia per divieti normativi sia per una sorta di ‘comune sentire’ che portava le ragazze ad intraprendere studi e percorsi formativi ritenuti più adatti al cosiddetto “gentil sesso”. Nel gruppo Ferrovie dello Stato, in particolare, amministrazione, accoglienza, controllo passeggeri e gestione delle case cantoniere sono i tradizionali ruoli nei quali alle donne era permesso esercitare la loro professione. Dirigenze tecniche (se si escludono alcuni casi sporadici), professioni tecniche e mestieri manuali erano considerati poco adatti.

Donne macchiniste, simbolo di emancipazione femminile
La volontà e caparbietà delle donne di partecipare alle professioni considerate di appannaggio maschile è stato uno degli strumenti di emancipazione che le donne hanno utilizzato per vivere senza alcuna discriminazione la propria professionalità. Se si analizza il comparto ferroviario, in particolare le Ferrovie dello Stato con tutte le società facenti parte del gruppo, si nota come la tendenza negli ultimi anni all’implementazione del ruolo delle lavoratrici all’interno di tutti i comparti sia costante. Occorre comunque precisare che sebbene sia una tendenza in crescita, rimangono ancora alcuni ambiti in cui le donne impiegate non hanno una presenza significativa.
Tra tutte le diverse tipologie di lavoro all’interno del comparto, le donne macchiniste hanno forse più di altre rappresentato un elemento importante in questo processo di emancipazione lavorativa.

Donna capostazione nel 1967. Foto Archivio Fondazione FS italiane

Breve storia delle donne nelle Ferrovie statali

 Tra le due guerre
La storia dell’ingresso e del successivo inserimento delle donne nelle mansioni considerate inadatte al mondo femminile, all’interno del comparto ferroviario italiano ripercorre per grandi linee il quadro generale della società italiana del ’900. Lungo il percorso delle donne all’interno delle FS ci sono state ‘sterzate’ decisive che hanno determinato un cambio di passo della presenza femminile all’interno dell’azienda. Le due guerre mondiali sono state, senza dubbio, l’elemento che ha contribuito all’accoglimento delle prime dipendenti: la mancanza di uomini, dirottati ad altre mansioni (belliche) ha imposto numerose assunzioni di personale femminile per proseguire il lavoro. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, complice una mentalità ancora troppo impostata sui cosiddetti valori tradizionali, al rientro degli uomini, alle donne venne imposta la rinuncia al lavoro. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, invece, la situazione era in parte cambiata, forse anche grazie alla conquista del voto, e ciò permise alle donne impiegate fino a quel momento di vedere riconfermate le loro posizioni. Addette straordinarie (divenute in seguito telegrafiste), contrattiste, cottimiste, segretarie avevano la possibilità di vedersi riconosciuti, in parte, alcuni diritti.

Le lavoratrici “a cottimo”
Una categoria oramai scomparsa ma che merita di essere ricordata è quella delle cosiddette “cottimiste”: copiatrici a cottimo (ovvero pagate in base al numero di copie redatte) che avevano il solo compito di copiare su macchine da scrivere Olivetti corrispondenze ed atti amministrativi.

Conduttrice. Foto archivio Fondazione FS italiane

I primi concorsi nel dopoguerra
Nel secondo dopoguerra, finalmente, durante gli anni del boom economico, le FS accogliendo le istanze portate sia dal cambiamento della normativa vigente sia dalla sempre più alta richiesta di accesso alle varie carriere presenti all’interno dell’azienda, iniziano a bandire concorsi nei quali la discriminazione normativa tra i sessi è eliminata.

Le professioni femminili nelle Ferrovie dello Stato
Quando si parla di donne appartenenti alla categoria dei lavoratori delle ferrovie, tradizionalmente, si fa immediato riferimento alle conduttrici (coloro che controllano i biglietti sui treni) o alle casellanti (coloro che custodiscono le case cantoniere), raramente ci si immagina una donna capotreno, ed ancor meno una donna macchinista. Infatti fino al 1963, anno dell’approvazione della Legge 66/1963, le donne erano escluse da alcune tipologie di lavori all’interno della Pubblica Amministrazione, tra i quali appunto quello di macchinista. Ma dopo l’approvazione della Legge si crearono per le donne possibilità di accesso fino a quel momento pressoché impossibili.

Donna capostazione nel 1984. Foto Archivio Fondazione FS italiane

Finalmente donne macchiniste
Negli anni ’70 del secolo scorso, connaturati da forti pressioni e scontri sociali, le rivendicazioni sindacali femministe concentrate sull’applicabilità reale delle norme che prevedevano, in teoria, la possibilità di accesso a qualsivoglia carriera, hanno permesso alle prime donne di entrare finalmente nel novero dei macchinisti. Per permettere loro di essere donne macchiniste, i nodi più stretti da sciogliere sono stati gli adeguamenti delle strutture e dei servizi alle nuove normative. Alla base di questo ritardo c’è stato il famoso “tetto di cristallo”. Infatti il ruolo dei macchinisti nelle ferrovie è sempre stato considerato particolarmente elitario e di rilevanza strategica tanto che la categoria dei macchinisti quasi si riteneva superiore alle altre; aveva privilegi legati alla loro funzione ed un potere contrattuale che permetteva loro di contare molto nell’ambiente lavorativo ferroviario.

Roma, 02-07-2020
Foto: Alfredo Falcone/LaPresse
Ferrovie dello Stato, presso la Stazione Termini la presentazione del treno Rock per la Regione Lazio

Donne macchiniste oggi
Fortunatamente negli ultimi anni la tendenza sta mutando e sempre più spesso le ragazze indirizzano l’attenzione verso professioni e studi in contrasto con la tradizionale figura che le descrive come angeli del focolare o del ciclostile. Nell’ambito del Gruppo FS Italiane Diversity & Inclusion è una delle strategie attuate per implementare un ambiente lavorativo inclusivo. La valorizzazione delle diversità tra i lavoratori e le lavoratrici (genere, età, etnia, ecc.) è un importante passo per permettere agli stessi di poter esprimere al meglio le proprie competenze. Il percorso intrapreso ha portato ad inserire FS fra le 200 migliori aziende italiane come datore di lavoro per le donne.

Le Ferrovie dello Stato
Questa modalità di considerazione del lavoro delle donne ha permesso all’azienda di vedere aumentare in maniera costante la presenza delle lavoratrici, a tutti i livelli. Women In Motion (WIM) è, ad esempio, una campagna di sensibilizzazione nelle scuole per promuovere tra le studentesse l’interesse per gli studi e le professioni tecniche. Grazie e questo progetto si incoraggiano le ragazze verso le cosiddette lauree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La Platform for Change – Women in Transport istituita nel 2017 dalla Commissione Europea per aiutare a realizzare pari opportunità per uomini e donne che lavorano nel settore Trasporti, ha nominato la Women In Motion tra le best practices.

Ruolo, mansioni e numero delle lavoratrici in FS
Un documento utile alla comprensione dell’effettiva importanza numerica delle donne lavoratrici all’interno di FS è fornito dal Rapporto di sostenibilità 2019 nel quale si possono leggere alcuni dati importanti: Totale personale n. 83.764 – 17,5% donne e 82,5% uomini.

Sempre riprendendo i dati del rapporto, si legge che al 31 dicembre 2019 su un totale di 83.764 persone in carico al Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, sui 999 dirigenti le incidono per il 19,8%, mentre tra i quadri sono il 19,9%, tra gli impiegati il 24,4% e tra gli operai il 7,2%.

Troppo poche per avere potere contrattuale reale
Dalla lettura dei precedenti grafici emerge subito una relazione importante: le donne presenti in FS non raggiungono nel loro numero complessivo il 20% del totale.
Benché negli ultimi anni, anche grazie alle strategie messe in atto, si sono notati incrementi nel numero delle assunzioni, queste – purtroppo e comunque – non riescono a far sì che le donne siano abbastanza numerose da contare, come gruppo sociale e contrattuale, all’interno dell’azienda. Parlando con rappresentanti sindacali e referenti è emersa l’importanza del numero. Può sembrare banale, ma permette di comprendere dinamiche e posizioni all’interno di un contesto lavorativo.
Se le donne non rappresentano una componente forte, che ha un peso importante, come possono contribuire a modificare situazioni e dinamiche fatte su misura per un mondo maschile?

Donne macchiniste
Le donne macchiniste, che sappiamo ormai essere considerate una categoria elitaria tra i lavoratori che operano nel comparto ferroviario, hanno un compito estremamente importante: devono contare!
Per riuscire a farsi ascoltare e così portare istanze che possano rendere più agevole il loro lavoro.
Seppure l’inserimento delle donne macchiniste nel novero dei cosiddetti lavori maschili ha permesso alle donne di percorrere un altro tratto della strada dell’emancipazione femminile, rimangono alcune criticità che è necessario superare.

Perché le donne macchiniste guadagnano meno dei colleghi
Il lavoro del macchinista deve necessariamente articolarsi in turnazioni ed in passato alle donne, anche alle donne macchiniste, si assegnavano turni che prevedevano il meno possibile orari notturni. Questa differenza di trattamento, però, comporta anche una disparità di retribuzione in quanto i turni notturni e festivi hanno una retribuzione maggiore. Se si analizzano i dati forniti da FS nel suo rapporto di sostenibilità 2019, si può notare come la differenza salariale sia legata quasi esclusivamente ai cosiddetti “settori di esercizio”, ovvero: turni, competenze accessorie per turni, lavoro in giorni feriali e festivi, ecc.

Le pari opportunità di genere nelle FS
Negli ultimi anni, grazie anche ad una serie di politiche aziendali poste in essere da FS,  come ad esempio l’adesione ai WEPs (Women’s empowerment principles) istituiti dalle UN Women, con la quale FS si è impegnata nella valorizzare e promozione delle pari opportunità di genere, e alle iniziative poste in essere dal Comitato Pari Opportunità con seminari e giornate formative, le ferroviere hanno avuto la possibilità si comprendere meglio il proprio ruolo all’interno dell’azienda ed i propri diritti.

L’attività sindacale
Negli ultimi tempi, inoltre, grazie al costante e proficuo lavoro svolto dalla FILT CGIL all’interno del Comitato Pari Opportunità Nazionale del Gruppo FS e nel board del sindacato europeo ETF (European Transport Workers’ Federation) è in corso una mediazione sindacale nell’ambito del Dialogo Sociale Europeo del settore ferroviario ed un accordo sulle politiche di genere.

La discriminazione silenziosa delle donne macchiniste
Nonostante asili nido, congedi parentali e tutte le strutture di sostegno siano ormai da considerarsi prassi all’interno della normale e quotidiana gestione del personale, diverso è il sentire comune, la cosiddetta “discriminazione silenziosa” che, anche inconsapevolmente, aleggia in molti ambienti lavorativi. Per questo è necessario attirare l’attenzione su una serie di comportamenti che possono portare a discriminazione, un esempio per tutti è escludere le macchiniste dai turni notturni a prescindere dalle loro reali necessità professionali o familiari o dalle loro abilità professionali.

Nella foto di copertina: Alessandra, dipendente del Gruppo Ferrovie dello Stato italiane.
La foto è stata gentilmente fornita dall’archivio della Fondazione FS italiane

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