In occasione del Festival del Lavoro la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro diffonde i risultati dell’indagine su PMI e Intelligenza artificiale
Un rapporto che si prospetta positivo, quello su PMI e Intelligenza artificiale, dal momento che nonostante non conoscano ancora bene l’impatto sulla produzione e sulla società, le piccole e medie imprese italiane sono interessate a sfruttarne le potenzialità.
L’orientamento delle PMI
L’indagine su PMI e Intelligenza artificiale è stata promossa, in occasione del Festival del Lavoro, dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in collaborazione con Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria) ed è stata realizzata intervistando un campione di 488 imprese appartenenti principalmente al settore manifatturiero rappresentative di tutta Italia. In base ai dati emersi, l’11% delle imprese ha già sviluppato sistemi di IA e il 52% pensa di investirvi nei prossimi 3 anni. Quasi un terzo (29,7%) è attualmente impegnato in iniziative che vanno dalla realizzazione di progetti pilota (9,1%) alla partecipazione ad attività formative e informative in materia (13,9%). Ciò che ostacola una maggiore diffusione dell’IA tra le imprese è però la scarsa conoscenza dei nuovi sistemi. Lo ritiene il 48,6% del campione.
PMI e Intelligenza Artificiale, le applicazioni preferite
Ma quali sono le applicazioni preferite dalle PMI? Dall’indagine emerge la scelta di un approccio graduale: tra le più diffuse quelle che consentono una più rapida ed efficace analisi dei dati (il 29,7% le ha introdotte o le sta introducendo) e, a seguire, i sistemi per l’automazione dei processi (17,4%) o di assistenza alla clientela tramite chatbot o applicazioni simili (15,5%).
Come l’IA cambierà il lavoro secondo le PMI
Le PMI intervistate ritengono importanti le ricadute che l’introduzione dei sistemi di IA potranno avere sui lavoratori, sia in termini di rischi che di opportunità. Tra le opportunità spicca l’effettivo supporto che le nuove tecnologie possono offrire ai propri collaboratori in termine di riduzione dei carichi lavorativi (42,9%). A seguire, il 39,1% valuta le opportunità derivanti dalla sostituzione di attività ripetitive e di routine e circa un terzo (32,6%) intravede un complessivo miglioramento della qualità del lavoro. Lo “spiazzamento” dei lavoratori più anziani e, in generale, meno digitalizzati è giudicato come il rischio principale (42,6%) ma in ogni caso l’investimento nei nuovi sistemi di Intelligenza artificiale non rappresenterà un rischio per l’occupazione, anzi il contrario. Il 45,5% delle PMI intervistate prevede infatti che ci sarà un incremento dei livelli occupazionali anche se l’impatto sull’organizzazione e sulle competenze dei lavoratori ci sarà.
La formazione necessaria per lavorare con l’IA
Il 35,7% delle PMI coinvolte nell’indagine ritiene la formazione in ambito digitale tra le azioni necessarie per favorire lo sviluppo dei sistemi di Intelligenza artificiale. A seguire, il 18,2% reputa che saranno determinanti gli interventi di reskilling e/o ricollocazione dei lavoratori o l’avvio di consulenze specialistiche con esperti per pianificare e gestire le innovazioni previste. Nella strategia che le PMI metteranno in campo nei prossimi anni la dimensione delle competenze sarà, dunque, cruciale. “La formazione è in assoluto lo strumento che può accompagnare maggiormente lo sviluppo dell’IA nelle imprese e mitigare, al tempo stesso, i rischi che potrebbero derivarne”, ha affermato il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. “Le nuove tecnologie, se ben governate, possono contribuire a migliorare la competitività delle aziende”.
PMI e Intelligenza artificiale secondo Confapi
“Come Confapi riteniamo che l’Intelligenza Artificiale possa rappresentare un’enorme opportunità per tutto il nostro sistema produttivo industriale” ha dichiarato Cristian Camisa, presidente Confapi. “Un’innovazione che sta rapidamente diffondendosi dalle grandi alle piccole realtà e che richiede uno sforzo incredibile da parte delle imprese non solo in termini di investimento economico e organizzativo, ma soprattutto di adeguamento e innovazione delle competenze”.